L’ex Delirium Ivano
Fossati nel 2001 decide di staccarsi momentaneamente dalla sua carriera di
prolifico cantautore per dedicarsi ad un disco strumentale troppo poco citato
negli anni. Il ligure decide di dare sfoggio di questa sua propensione, che
solo in parte e in pochi episodi è stata soddisfatta in 30 anni di carriera e,
in estrema libertà, firma uno dei lavori più curiosi della sua lunga attività. Not One Word si presenta così, spoglio
di ogni parola, senza quei testi che hanno marchiato a fuoco dischi
significativi come La Pianta del Tè, Discanto o Lindbergh-Lettere da sopra la pioggia. Fossati corona questo
piccolo sogno dando vita ad un ensemble, il Double Life, con cui si dimentica
per un attimo di essere uno dei cantautori di punta di casa nostra per appagare
la sua sete di jazz e magari anche per sentirsi meno ingabbiato dai vincoli
letterari della sua canzone. Abbandonare per un attimo la sua dimora sicura per
toccare con mano territori a dire il vero non così distanti come si potrebbe
pensare. Il piano di Fossati è quello da tutti conosciuto ma qui si amalgama
con parti orchestrali, con il clarinetto di Gabriele Mirabassi e il violino di
Ettore Pellegrino e crea suggestioni e visioni affascinanti. Si passa così da
momenti narrativi, capaci di riempire gli occhi con immagini da pellicola in
bianco e nero (Le Mot Imaginaire) ad
altri dove il piano svisa in territori jazzati (la delicata title track). Non
manca un classico come Besame Mucho,
qui particolarmente poetica e con il violino ad accentuarne il tono drammatico,
perfetto contraltare di Brazzhelia,
un latin jazz brillante e festoso. Milos,
scritta dal figlio Claudio (batteria), ha una melodia disincantata da
soundtrack che rimanda al cinema di Pupi Avati, spesso legato al filo dei
ricordi e ad una certa vena nostalgica, mood malinconico e sofferto che
ritroviamo anche in Tango disincantato.
Fossati emerge soprattutto in tre brani: Lampi,
frangente jazz molto convincente, Roobenia,
con un emozionante tema dominante di grande gusto e Theme for Trio, raffinata esposizione giocata sull’interplay tra
piano e violoncello (suonato da Martina Marchiori). La chiusura di Raining at my door rimanda a Ludovico
Einaudi e tratteggia scenari notturni e spirituali. Not One Word è un album che
si discosta da tutta la discografia di Fossati e ha il merito di far emergere
con maggiore nitidezza una delle tante anime del cantautore genovese, che
successivamente deciderà di tornare al cantautorato (già a partire da Lampo Viaggiatore del 2003). (Luigi
Cattaneo)
Not one word (Video)
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