giovedì 10 agosto 2017

IVANO FOSSATI, Not one word (2001)


L’ex Delirium Ivano Fossati nel 2001 decide di staccarsi momentaneamente dalla sua carriera di prolifico cantautore per dedicarsi ad un disco strumentale troppo poco citato negli anni. Il ligure decide di dare sfoggio di questa sua propensione, che solo in parte e in pochi episodi è stata soddisfatta in 30 anni di carriera e, in estrema libertà, firma uno dei lavori più curiosi della sua lunga attività. Not One Word si presenta così, spoglio di ogni parola, senza quei testi che hanno marchiato a fuoco dischi significativi come La Pianta del Tè, Discanto o Lindbergh-Lettere da sopra la pioggia. Fossati corona questo piccolo sogno dando vita ad un ensemble, il Double Life, con cui si dimentica per un attimo di essere uno dei cantautori di punta di casa nostra per appagare la sua sete di jazz e magari anche per sentirsi meno ingabbiato dai vincoli letterari della sua canzone. Abbandonare per un attimo la sua dimora sicura per toccare con mano territori a dire il vero non così distanti come si potrebbe pensare. Il piano di Fossati è quello da tutti conosciuto ma qui si amalgama con parti orchestrali, con il clarinetto di Gabriele Mirabassi e il violino di Ettore Pellegrino e crea suggestioni e visioni affascinanti. Si passa così da momenti narrativi, capaci di riempire gli occhi con immagini da pellicola in bianco e nero (Le Mot Imaginaire) ad altri dove il piano svisa in territori jazzati (la delicata title track). Non manca un classico come Besame Mucho, qui particolarmente poetica e con il violino ad accentuarne il tono drammatico, perfetto contraltare di Brazzhelia, un latin jazz brillante e festoso. Milos, scritta dal figlio Claudio (batteria), ha una melodia disincantata da soundtrack che rimanda al cinema di Pupi Avati, spesso legato al filo dei ricordi e ad una certa vena nostalgica, mood malinconico e sofferto che ritroviamo anche in Tango disincantato. Fossati emerge soprattutto in tre brani: Lampi, frangente jazz molto convincente, Roobenia, con un emozionante tema dominante di grande gusto e Theme for Trio, raffinata esposizione giocata sull’interplay tra piano e violoncello (suonato da Martina Marchiori). La chiusura di Raining at my door rimanda a Ludovico Einaudi e tratteggia scenari notturni e spirituali. Not One Word  è un album che si discosta da tutta la discografia di Fossati e ha il merito di far emergere con maggiore nitidezza una delle tante anime del cantautore genovese, che successivamente deciderà di tornare al cantautorato (già a partire da Lampo Viaggiatore del 2003). (Luigi Cattaneo)
 
Not one word (Video)
 
      

Nessun commento:

Posta un commento