Terzo capitolo per il
progetto di Stefano Giannotti (da segnalare anche il buonissimo La vostra ansia di orizzonte con Salvo
Lazzara dell’anno scorso), da sempre attento nell’unire avant prog, musica da
camera, R.I.O., elettronica e classica, elementi che riscontriamo anche nel
recente Il corpo nel sogno. L’idea di
allargare il concetto di forma canzone conduce l’ascoltatore in un luogo
lontano, una sorta di teatro immaginario (Stefano scrive radiodrammi per
emittenti tedesche) in cui si muovono personaggi e storie, pur senza un filo
conduttore preciso, se non quello di metafore allucinate e rappresentazioni
sfocate, il tutto sottolineato da una cura maniacale per suoni e arrangiamenti.
Il disco d’altronde riprende il discorso già iniziato in precedenza, con il
maestro Giannotti cerimoniere di un ensemble ricchissimo, foriero di imput e
creatività che porta ad un interplay tra le parti davvero maturo (basti
ascoltare Orfeo e Moira o Blu marrone). Oteme continua a
sperimentare citando la maniacalità di John Cage, l’ambient elegante di Brian
Eno, il jazz anticonformista di Canterbury e la classica contemporanea, con
brani che si dipanano tra parti recitate, duetti vocali e fraseggi strumentali.
L’utilizzo dei fiati è ancora centrale, enfatizza il tessuto onirico di una
narrazione differente, coraggiosa, fragorosa nella sua capacità di comunicare,
di dare strepiti lasciando l’ascoltatore ad occhi chiusi, rapito dalle visioni
dipinte dal gruppo. La delicatezza di certe soluzioni non nasconde quell’alone
psichedelico che emana con costanza la band e che si manifesta in pezzi come Rubidor#1, Sono invisibile e Prato
fiorito, conferma di un ensemble curioso e che non si pone limiti di
genere. (Luigi Cattaneo)
Orfeo e Moira (Official Video)
ok, maestri, sempre meglio, complimenti!!!!!!!!!!!!!!!!!!1
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