Atteso alla prova del
nove dopo le felici intuizioni di Volo magico n° 1, Claudio Rocchi con il
seguente La norma del cielo, uscito sempre per la Ariston nel 1972,
non riuscì del tutto a replicare quello splendido lavoro. In realtà i brani che
lo compongono risalgono alle registrazioni effettuate per il disco precedente,
musicisti impegnati nelle session compresi, che per volontà dell’autore sarebbe
dovuto essere un doppio LP. Per altri motivi invece la Ariston divise l’album
in 2 parti, con la seconda sotto intitolata Volo
Magico n° 2, probabilmente per sfruttare la buona riuscita del disco
dell’anno prima. Ci troviamo quindi di fronte a composizioni scartate e di poco
valore? Assolutamente no ma il paragone con quanto si ascoltava nell’album
precedente risulta un po’ ingeneroso. Perché La norma del cielo non ha le stupende trame che albergavano buona
parte di Volo magico n° 1 e non porta
con sé quell’alone di fascino e novità percepibili in precedenza, o almeno non
possiede tali caratteristiche in maniera così massiccia da provocare
sbalordimento e sorpresa. È pur vero però che rimane un lavoro interessante e
che mostra, come ovvio che sia, diversi punti di contatto con quanto sviluppato
da Rocchi solo un anno prima, in una linea di continuità sia musicale che
testuale indiscutibile. È il caso dell’opener L’arancia è un frutto d’acqua,
con la sua melodia semplice semplice che ti rimane sottopelle,
caratteristica rocchiana, marchio di fabbrica del suo fare musica, qui
accompagnato dal fine tocco di Eugenio Pezza (tastiere), in un racconto di folk
obliquo tanto caro al cantastorie, che non si fa mancare un finale mantrico che
denota il suo amore totale per l’India. Storia
di tutti è forse il brano più riuscito o comunque quello che si poteva
inserire con più facilità in Volo magico n°
1, complice il folk psichedelico minimale e dai tratti orientali che ben si
sposa con un testo ispirato e mistico, a cui segue a ruota la title-track,
piccolo gioiellino di trascendenza spirituale dal messaggio tanto genuino
quanto d’impatto. Lascia Gesù è un
brano sentito, manifesto del Rocchi pensiero, sostenuto dal basso di Eno Bruce
e da Pezza bravo nell’intervenire per variare un tema un po’ troppo monocorde,
così come ha poco mordente il folk progressivo strumentale di Tutti insieme. Probabilmente si
manifesta in queste composizioni l’essenza di brani che con maggiore calma
potevano essere rivisti e migliorati, come nel caso di Il bosco, traccia molto breve che pare essere incompleta, quasi
come se fosse un abbozzo lasciato lì per essere poi ripreso. Il finale di Per la luna omaggia di nuovo l’India, a
dire il vero con una psichedelia un po’ ingenua ma estremamente sincera,
proprio come il personaggio Rocchi, sempre lontano dal materialismo e proteso
costantemente alla ricerca di un proprio viaggio spirituale, interiore e non
solo fisico. La norma del cielo ha al
suo interno melodie piacevolissime ma che non sempre lasciano il segno, appare
come un album di transizione, che pone ancor maggior attenzione sulle influenze
orientali, imbevute nel tessuto folk in maniera semplice e diretta. Claudio
farà molto meglio nel successivo Essenza del
1973, disco ancora oggi attuale e probabilmente sottovalutato. (Luigi Cattaneo)
L'arancia è un frutto d'acqua (Video)
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