È un grande piacere per
me presentare un compositore come Gabriele Bulfon, pianista con alle spalle
solidi studi effettuati con Antonio Faraò e Massimo Colombo a Milano e con Alan
Pasqua e Otmaro Ruiz a Los Angeles, maestri dello strumento che hanno finito
per influenzare anche la musica presente in Exoplanets,
secondo lavoro uscito a suo nome (dopo Quantum
Mechanics del 2016). Pathfinder è
il brano che apre il disco, quasi 8 minuti che diventano la porta introduttiva
ad un mondo fatto di jazz e classica, con Bulfon egregiamente seguito da una
sezione ritmica impeccabile, formata dal bravissimo Franco Avalli al basso (conosciuto
per essere stato membro degli storici Adramelch) e Maxx Furian alla batteria
(musicista immenso e dal curriculum infinito). In Des pas sur la comète Bulfon interpreta con personalità Claude Debussy,
con l’ottimo Fabio Pansini alla batteria, un’alternanza con Furian che si avrà
per tutto l’album ma che non risulta affatto problematica, anche perché il
valore della scrittura di Gabriele non conosce cali e mostra grande qualità
anche nella seguente title track. Chandra
è un altro episodio notevole, accostabile anche a quanto fatto recentemente
dal trio di Fausto Ferraiuolo e da quello di Dario Yassa, 4492 Debussy omaggia nuovamente il compositore francese, mentre Perihelion risulta dinamica e briosa. Tristesses du clair de lune unisce Debussy
con i Celtic Frost dell’immortale Into
the pandemonium, una riuscita follia che mostra anche la grande cultura che
anima Bulfon, prima della conclusiva Promethèus,
chiusura di un disco che tutti gli amanti del jazz in trio dovrebbero fare
proprio. (Luigi Cattaneo)
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