domenica 21 marzo 2021

PSYCHO PRAXIS, Echoes from the deep (2012)

 

Usciti per la prolifica Black Widow, i bresciani Psycho Praxis, giovane e promettente band che catturava in pieno lo spirito dei ’70 abbinandolo ad una certa freschezza d’intenti, siglò un debut nel 2012 davvero piacevole. Echoes from the deep si rifaceva abbondantemente a canoni estetici retrò, quelli di un progressive rock dai tratti oscuri, che si mescolava con fraseggi vicini all’hard rock e alla psichedelia, con le tastiere di Paolo Tognazzi sempre presenti, il flauto di Andrea Calzoni (anche voce del gruppo) che tanto ricorda i Jethro Tull e il suono distorto della chitarra di Paolo Vacchelli. In Priviliged station si sentono rimandi alla P.F.M. ma anche ai primi lavori dei Pink Floyd (che paiono essere una loro grande fonte d’ispirazione), il tutto impreziosito dal suono sempre caldo dell’Hammond di Tognazzi e da una sezione ritmica (Matteo Marini al basso e Matteo Tognazzi alla batteria) dagli intrecci stimolanti. Hoodlums gioca sul contrasto tra strofe sussurrate e un chorus di grande impatto, mentre Awareness è completamente strumentale e non fa che confermare come i bresciani si trovino perfettamente a loro agio in situazioni di questo tipo, dove possono districarsi e sviluppare le tante idee che dimostrano di avere. Anche Noon risulta quasi totalmente strumentale e si avvicina ancora una volta allo spirito dei maestri Jethro, seppur rivisti in chiave più moderna e senza eccessive nostalgie. Bellissima Black Crow, lunga più di 9 minuti, pare il brano dove gli Psycho Praxis hanno riversato tutte le loro influenze, per via di quell’andamento figlio della psichedelia di fine ’60, a cui bisogna aggiungere il taglio tipicamente prog della sezione strumentale e il cantato evocativo di Calzoni. Esordio bello e intrigante, peccato che i lombardi non abbiano mai dato un seguito a questo interessantissimo debutto. (Luigi Cattaneo)

Black Crow (Video)


       
     

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