Nati dalle ceneri degli Aleph (20 anni di carriera e 4 dischi alle spalle), i Dark Redeemer si muovono tra l’impatto del death metal svedese di fine ’80 inizio ’90 e le strutture di quello americano, un assalto sonoro che ha trovato sfogo in questo Into the deep black, un esordio, se così si può definire, senza compromessi e dannatamente violento. TMC mostra da subito i muscoli, una pedata smorzata dalle tastiere di Giulio Gasperini, che donano un cospicuo senso di inquietudine al brano e un po' a tutto il disco, mentre Swallow the cross parte più rallentata ma si trasforma ben presto in una maligna lezione death metal, dettata dall’imponente lavoro della sezione ritmica formata da Manuel Togni (batteria) e Antonio Ceresoli (basso).
Perfetto esempio di melodia
e ferocia è Killing ritual, con l’ottima prova di Dave Battaglia, voce e
chitarra della band, prima di Christians, tra i passaggi meglio
costruiti e aggressivi dell’album, e della title track, una spirale oscura e
senza fine che ci conduce alle atmosfere malsane di The zombimarch, una
discesa all’inferno evocata con perizia tecnica e raffinato songwriting.
Chiudono il disco Incubation e Burn under the blackened sky, altre
due tracce dove emerge l’amore per Obituary, Morbid Angel, Dismember ed
Entombed, influenze assorbite ed elaborate con la personalità che ha sempre
contraddistinto i bergamaschi. (Luigi Cattaneo)
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