Quarto album per i
Returned to the Earth, gruppo formato da Robin Peachey (voce, chitarra,
tastiere), Paul Johnston (batteria, chitarra, tastiere) e Steve Peachey
(tastiere), ancora poco conosciuto qui in Italia ma davvero meritevole di
essere apprezzato. Fall of the watcher prende le mosse dai Porcupine
Tree degli anni ’90, dai Pineapple Thief (il lavoro è stato masterizzato tra l’altro
da Steve Kitch della stessa band) e dagli Airbag, ma anche dai nostrani No Man
e dagli Anathema più malinconici. Il risultato è a tratti stupefacente, tra
melodie dolorose e atmosfere filmiche, fraseggi che collimano con stati umorali
ombrosi e la dote non comune di saper emozionare con disarmante semplicità. Prog,
psichedelia, pop sinfonico, un eccellente fusione di aspetti che spesso vengono
solo accennati ma che abbagliano proprio per la delicata misura con cui posti,
un’ipnosi che trova riscontro in brani come la title track o White room,
in cui gli inglesi mostrano di avere una propria idea di progressive e di
coltivarla con cura e dedizione. La capacità di sviluppare attorno alla forma
canzone complesse costruzioni esecutive è pregio innato del trio, anche per via
di un songwriting che punta molto al pathos, basti ascoltare Drowning e Sacrificed
in vain, episodi suggestivi e di grande trasporto. La sontuosa Lack of
information e la raffinata April sky chiudono uno dei dischi
migliori che ho ascoltato negli ultimi mesi. (Luigi Cattaneo)
Fall of the watcher (Video)
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