venerdì 26 luglio 2013

FRANCO BATTIATO, Pollution (1972)


Qualche mese dopo l’uscita di Fetus Battiato pubblica Pollution, due dischi che sono stati concepiti nella stessa fase, quella sperimentale e volutamente provocatoria ma anche instabile e non sempre supportata da idee ben messe a fuoco. Anche qui il siculo mostra una certa personalità e introduce qualche piccolo elemento in più rispetto a Fetus. Difatti, pur essendo due lavori che hanno molte similitudini tra loro, Pollution ha un atteggiamento più rock e psichedelico (si potrebbe citare giusto come atmosfere Aria di Alan Sorrenti) ma mantiene inalterato quel senso di sfida in qualche circostanza un po’ fine a sé stesso. Inoltre alcuni elementi che già avevano contraddistinto il suo esordio, ossia l’unione e lo scontro tra elementi classici e altri vagamente pop (Il silenzio del rumore), la ricerca in direzione di una musica concreta dai forti tratti space (Areknames) vengono riproposti con risultati alterni. Certo è che gli orizzonti di Battiato paiono non avere limiti e il linguaggio diviene ancor più complesso e stratificato, con il suono pionieristico del VCS3 che si interseca con melodie che sanno essere raffinate, eccentriche e mai banali e con recitativi e rumori che risultano essere incastonati in maniera convincente nella struttura narrativa dei brani (il degrado con le sue ansie e i suoi pericoli, l’inquinamento materiale ma anche quello della razza umana, lo smarrimento di certezze). Forse Beta può essere la traccia più indicativa: uso del synth, psichedelia acida, ampio utilizzo del pianoforte nella parte strumentale, recitativo finale. Avvolgente, magnetica ed estremamente personale. Plancton si appoggia sopra un arpeggio di chitarra tanto semplice quanto efficace e il solito synth da manuale, mentre Pollution è il brano dove emerge maggiormente la voglia di stupire a tutti i costi. Leggera melodia cantabile con contorno di un testo preso da un manuale di fisica! La portata di un condotto è il volume liquido che passa in una sua sezione nell’unità di tempo e si ottiene moltiplicando la sezione perpendicolare per la velocità che avrai del liquido… Questo estratto testuale mostra chiaramente quello che era l’artista ad inizio ’70, un curioso narratore (e provocatore accanito) che o si amava o si odiava ma difficilmente lasciava indifferenti. Il finale di Ti sei mai chiesto che funzione hai? ci riporta in territori classici, con tanto di inconsolabile pianto del cantante a chiudere un album di non facile assimilazione ma che presenta aspetti di sicuro interesse e risulta fondamentale per poter arrivare alla definitiva consacrazione di Sulle corde di Aries. (Luigi Cattaneo)
 
Areknames (Video)
 
       

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