Ritorno
attesissimo per tutti i fan della storica band del progressive italiano, che
dopo una parentesi molto lunga si presentano con questo nuovissimo lavoro
intitolato Barbarica. In realtà il gruppo, dopo aver pubblicato Zarathustra
nel lontano 1973 (album capolavoro permeato di hard rock e progressive
considerato da molti come uno dei lavori più illustri ed interessanti della
scena italiana degli anni settanta) ha pubblicato nel 1999, con un’altra
formazione ed un altro vocalist Exit, lavoro che non riuscì ad
eguagliare i picchi compositivi e creativi del suo celebre predecessore, ma che
offriva comunque diversi spunti. Il nome del Museo Rosenbach ricominciò
a circolare nel 2010 grazie soprattutto alla pubblicazione dello splendido
primo album del Tempio Delle Clessidre, band nella cui formazione
militava Stefano “Lupo” Galifi, storica voce del Museo Rosenbach, che
riproponeva numerosi pezzi tratti da Zarathustra
durante i concerti (lo stesso nome deriva da una traccia di quel lontano
disco). Della formazione storica degli anni settanta sono rimasti in tre: Giancarlo
Golzi ( noto anche per la sua militanza nei Matia Bazar) alla
batteria, Alberto Moreno alle tastiere (negli altri dischi suonava il
basso) e il già citato “Lupo” alla voce solista. Gli altri elementi,
fondamentali per dare una nuova marcia alla band, sono Sandro Libra e Max
borelli alle chitarre, Fabio Meneggetto e Andy Senis
rispettivamente alle tastiere e al basso. Il nuovo Barbarica
attinge moltissimo dalle sonorità hard prog tipiche del primo lavoro della
band, quindi oltre alla voce importante e carismatica di “Lupo” , c’è
molto spazio per la chitarra elettrica e per i cosiddetti riff. Le tastiere
supportano le trame oscure sviluppate dalle chitarre e la sezione ritmica suona
precisa e senza troppi fronzoli. Come ci si aspetta la voce di “Lupo” non
perde mai un colpo (chi ha avuto modo di vederlo dal vivo sa di cosa sto
parlando). Il cd è diviso in cinque tracce dalla lunga durata (mai sotto i 6
minuti) e se si esclude qualche momento in cui la band si dilunga
eccessivamente (Il respiro del pianeta) i pezzi sono tutti molto
belli, scorrevoli e ben suonati. Nella Coda del diavolo un
tappeto di tastiere e archi accompagnano la struggente voce di Galifi,
prima di esplodere in un micidiale riff hard di chitarra che colpisce come un
pugno nello stomaco. Abbandonati, ricorda le atmosfere dark dei Black
Widow di Come to the sabbath ed è veramente notevole la voce
di Galifi, che ruggisce sullo splendido gioco di chitarre e tastiere. In
conclusione posso facilmente affermare che questo nuovo lavoro sarà sicuramente
apprezzato dai numerosi sostenitori della band, che desideravano da tempo un
ritorno alle sonorità tipiche della storica formazione, inoltre la qualità
delle composizioni e la buona produzione dell'album parlano da sole.
Personalmente non ho potuto far altro che apprezzare Barbarica ed
anche se non è privo di alcuni difetti (forse manca di originalità) non si può
non rimanere affascinati dalle sue trame oscure e retrò e dalla voce intensa e
carismatica di Galifi. Consigliato.
(Marco Causin)Fiore di Vendetta (Video)
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