Sulla scia
di quanto fatto sinora da band strumentali italiane come Red Zen, Calomito e
Magnetic Sound Machine, gruppi giovani e di spessore, si affacciano con
entusiasmo sincero e capacità indubbie i Gran Torino, quartetto veronese e nome
nuovo della Galileo Records. È bene specificare che i Gran Torino si avvicinano
molto più al progressive rock venato di hard che al jazz o alla fusion (che
pure citano) ma le doti dei musicisti veneti sono di ottimo livello e pur con
qualche momento lacunoso e da ritoccare, questo esordio presenta composizioni
sicuramente gradevoli per un risultato più che soddisfacente. Molto intenso e
avvolgente il brano iniziale, Sinapsi,
che mostra subito come la band abbia una tecnica di base di tutto rispetto e
che questa sia accompagnata da una certa freschezza di scrittura, che è poi
elemento fondamentale per qualunque musicista. Qualità che spicca anche in Jack Montorio, dove troviamo le
atmosfere tipiche dei settanta con le tastiere di Alessio e la chitarra di
Cristiano volte a creare uno splendido affresco in cui ci sono riferimenti agli
Yes e al Banco del Mutuo Soccorso. I primi brani hanno la capacità di
trasmettere la voglia di fare e di comunicare tipica di un gruppo esordiente.
In questo caso sono sicuramente Alessio e Cristiano i due elementi che
governano ed indirizzano il suono della band, che risulta ficcante e senza
troppi fronzoli. Rock waters ha
invece un suono più hard ma non per questo meno rifinito e si avvicina per
struttura e dinamica a Dream Theater e affini, quindi progressive attuale ma
con un occhio di riguardo anche al passato del genere. La complessa Joy è forse il brano più bello del
lavoro, a tratti entusiasmante ha il merito di mettere in luce il talento non
solo dei già citati Alessio e Cristiano ma anche della sezione ritmica (Gian
Maria alla batteria e Fabrizio al basso) coesa e sicura di sè. I Gran Torino si
esprimono al meglio, attimo dopo attimo nasce una composizione congegnata in
maniera attenta ma senza dimenticare immediatezza e impeto. In Miridiani non si può rimanere
indifferenti dinnanzi al sapiente uso delle tastiere e agli intrecci caldi ed
orchestrali che tanto riportano indietro nel tempo… Il momento più duro è Fox Box, composizione dal substrato
heavy in cui si cita il progressive metal, stemperato però da un egregio lavoro
di tastiere che profumano ancora di rock settantiano. Meno interessanti
risultano Radio Vox e la seguente Eco, poco ispirate e leggermente
scontate. Sottotono insomma, almeno rispetto allo standard tenuto per buona
parte del disco. Alto è il valore che ritroviamo nella riuscita Zorro,
momento conclusivo decisamente avvincente e ben articolato. Che altro
aggiungere? Sicuramente si tratta di un disco intrigante per la sua capacità di
coniugare vari modelli sonori ma non sempre la ciambella riesce con il buco,
soprattutto per una certa monotonia che sopraggiunge di tanto in tanto. Il
risultato è comunque positivo, soprattutto perché si tratta di un esordio che
ha il merito di mettere in luce la vivacità che contraddistingue i Gran Torino,
che se saranno capaci di levigare e smussare alcuni piccoli errori di gioventù
potranno diventare uno dei nomi di punta del nuovo progressive italiano. (Luigi Cattaneo)
Joy (Video)
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