Esistono dischi che si
adattano perfettamente a determinate stagioni. Musiche che entrano sottopelle e
che, legate a ricordi personali, non fatichiamo ad identificare direttamente
con una delle stagioni dell’anno, aiutate spesso da un immaginario che
suggerisce forse anche più del suono. Il primo album in ordine di tempo con il
quale mi capitò fu Pet Sounds dei
Beach Boys (e non è certo difficile immaginare quale fosse la stagione). L’ultimo
proprio questo Winter Garden,
concepito da tre titani come Eraldo Bernocchi, Robin Guthrie, e Harold Budd. Un
trio nemmeno troppo anomalo se pensiamo che Budd aveva già collaborato con
Bernocchi in Fragments from the inside,
pubblicato da Sub Rosa nel 2005 e che lo stesso Budd è amico di vecchia data
anche di Robin Guthrie, con il quale aveva lavorato alla registrazione
dell’album dei Cocteau Twins The moon
& the melodies verso la metà degli anni ottanta. Il pianista americano
è in un certo senso anche il protagonista di Winter Garden, che riprende per molti versi quanto lo stesso
compositore aveva fatto in passato in coppia con Brian Eno, nello specifico in Ambient two: plateaux of mirror e The pearl, anch’essi risalenti agli anni
ottanta. Le sue note di piano, minimali quanto profonde, contribuiscono a
conferire al disco una sensazione di nostalgico ricordo che si adatta
perfettamente ai colori tenui della stagione in corso. I pezzi sono dilatati al
massimo, merito soprattutto dei riverberi del chitarrista di Cocteau Twins e
Violet Indiana. A legare il tutto e a rendere concreta la filigrana sonora c’è
l’impalcatura di Eraldo Bernocchi, abilissimo a plasmare gli intarsi
elettronici quanto a non sottrarre la scena a Budd e Guthrie. Quello che ne
esce è un disco ambient dall’esito forse scontato, essendo i tre non proprio di
primo pelo e conoscendo bene i lavori che ne hanno costellato la carriera, ma
allo stesso tempo caratterizzato da una raffinatezza e suggestione unica. Pezzi
come Don’t go where I can’t find you
o la title track dipingono paesaggi sconfinati e scenari sfocati, con un suono
che sa farsi intimo ma all’occorrenza anche magniloquente e luminoso. Il
superamento della musica ambientale come furniture
music, come musica di sottofondo da ascoltare facendo altro, non è
senz’altro cosa nuova e non avviene per la prima volta con questo disco. Ma
allo stesso tempo mi è impossibile non ammettere che Winter Garden riesce a toccare corde davvero profonde. (Paolo
Cattaneo)
South of heaven (Video)
Nessun commento:
Posta un commento