Album di esordio di un
musicista tarantino, curioso e bravo nel muoversi tra generi diversi tra loro
facendoli convivere in 10 tracce semplici ma piuttosto piacevoli. Bonomo è un
polistrumentista che pare adorare le variazioni e il muoversi tra le linee di
suoni accostabili ma non identici, spostandosi dal pop rock all’elettronica,
dal cantautorato psichedelico a ballate suadenti. Il generale inverno è un
espressione nata nel 1812 per spiegare il grande gelo che sconfisse l’esercito
di Napoleone ma con il passare del tempo si è utilizzata per riassumere i
capricci della natura o degli dei che mandano all’aria piani militari. In
questo caso Bonomo si riferisce al nemico invisibile che frena il lavoro,
impedisce di muoverci e blocca le emozioni. Il primo nemico è il rapporto di
coppia, falso e pieno di dubbi di Dna,
traccia basata su riff di chitarra di matrice rock e un bel lavoro ritmico di
Tommy Graziani alla batteria. Brit pop di facile assimilazione con Troppe cose, mentre pare un omaggio
all’electro pop ottantiano Insonnia,
brano vicino per mood anche da quanto fatto dal Morgan solista. Bonomo ha
interesse anche per il progressive e ciò emerge in La mia rabbia, anche se solo nella breve parte strumentale. Se strumenti
acustici e un clima tra west coast e Claudio Rocchi segnano La visione, i Bluvertigo aleggiano su Otto ore al giorno. Bello l’attacco
simil grunge di Una scelta,
indubbiamente la traccia più rock del lavoro che contrasta con la seguente I pesci non lo sanno, una ballata per
chitarra acustica e mellotron sul tema dell’inquinamento che fa il paio con La visione e conferma come probabilmente
l’artista convince di più quando si muove su queste coordinate stilistiche. Un
po’ come il finale di L’ultimo valzer,
una pop song sognante che risulta efficace chiusura di un’opera sì imperfetta
ma capace di restituire un giovane autore che, se riuscirà a mettere
ulteriormente a fuoco certe prospettive e alcune degne intuizioni che filtrano
lungo tutto il disco, potrà sviluppare in futuro un discorso maggiormente
organico e completo. Un plauso però va assolutamente fatto per le liriche che
parlano di lavoro, di disoccupazione, di paure, in maniera sincera e sentita, senza
mai cadere nel qualunquismo o nel retorico. Da tenere d’occhio in attesa di un
secondo lavoro. (Luigi Cattaneo)
I pesci non lo sanno (Video)
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