giovedì 21 gennaio 2016

EARTHSET, In a state of altered unconsciousness (2015)


Gli Earthset nascono nel gennaio del 2012 da un’idea di Luigi Vanranese (basso), Costantino Mazzoccoli (chitarra), Emanuele Orsini (batteria) ed Ezio Romano (chitarra e voce) e dopo un demo iniziale realizzato nel dicembre dello stesso anno nel 2013 si dedicano alla stesura di nuovi brani che vanno a rinforzare sound e convinzioni dei bolognesi. Le prove live spingono il gruppo all’autoproduzione del disco d’esordio, un concept sugli stati alterati di coscienza, ora spunto di riflessione per l’uomo, ora sinonimo di un momento di solitudine, ora più vicino all’idea di straniamento. Un argomento difficile affidato ad una scrittura obliqua, che sa essere tagliente, ricca di suoni distorti che si alternano a fresche melodie indie rock, con atmosfere che sanno essere psichedeliche ma anche vicine al grunge dei ’90. Gli Earthset sembrano quasi cercare un’ideale ponte tra decadi, un’evoluzione dell’alternative che conduce in territori interessanti e curiosi ma soprattutto piuttosto personali. Il disco è molto scorrevole, con la seconda parte davvero di buon livello e l’impressione generale di avere di fronte un gruppo che ha le idee ben chiare sul proprio futuro, pur muovendosi in un crossover di strutture e situazioni diverse tra loro (So what ?!, Skizofonìa). In a state of altered unconsciousness tenta di fuggire da steccati di genere, sorvolando su eventuali classificazioni, mostrando un ensemble che mira a divertirsi senza incanalare  la propria musica in un binario prestabilito o eccessivamente rigido. Giusto per citare qualche influenza potremmo nominare i Pink Floyd ma anche i Radiohead per gli aspetti più psichedelici, i Sonic Youth per quelli legati all’indie rock e gli Smashing Pumpkins quando i quattro virano in territori simil Seattle sound. Le ritmiche base fondamentale per l’interplay chitarristico di Mazzoccoli e Romano, cantore autorevole nell’alternanza tra accelerazioni sostenute e passaggi più lievi, a suo agio in un lavoro che raccoglie riferimenti colti ed esistenziali. L’artwork (realizzato da Mauro Belfiore) raffigura una foresta immersa nella nebbia, immagine presente nella conclusiva Circle sea e che condensa l’aurea di sospensione ed incertezza, anche sonora, che attraversa l’intero album. (Luigi Cattaneo)

Lovecraft (Video)

   

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