Gli Earthset nascono
nel gennaio del 2012 da un’idea di Luigi Vanranese (basso), Costantino
Mazzoccoli (chitarra), Emanuele Orsini (batteria) ed Ezio Romano (chitarra e
voce) e dopo un demo iniziale realizzato nel dicembre dello stesso anno nel
2013 si dedicano alla stesura di nuovi brani che vanno a rinforzare sound e
convinzioni dei bolognesi. Le prove live spingono il gruppo all’autoproduzione
del disco d’esordio, un concept sugli stati alterati di coscienza, ora spunto
di riflessione per l’uomo, ora sinonimo di un momento di solitudine, ora più
vicino all’idea di straniamento. Un argomento difficile affidato ad una
scrittura obliqua, che sa essere tagliente, ricca di suoni distorti che si
alternano a fresche melodie indie rock, con atmosfere che sanno essere
psichedeliche ma anche vicine al grunge dei ’90. Gli Earthset sembrano quasi
cercare un’ideale ponte tra decadi, un’evoluzione dell’alternative che conduce
in territori interessanti e curiosi ma soprattutto piuttosto personali. Il
disco è molto scorrevole, con la seconda parte davvero di buon livello e
l’impressione generale di avere di fronte un gruppo che ha le idee ben chiare
sul proprio futuro, pur muovendosi in un crossover di strutture e situazioni
diverse tra loro (So what ?!, Skizofonìa). In a state of altered unconsciousness tenta di fuggire da steccati
di genere, sorvolando su eventuali classificazioni, mostrando un ensemble che
mira a divertirsi senza incanalare la
propria musica in un binario prestabilito o eccessivamente rigido. Giusto per
citare qualche influenza potremmo nominare i Pink Floyd ma anche i Radiohead
per gli aspetti più psichedelici, i Sonic Youth per quelli legati all’indie
rock e gli Smashing Pumpkins quando i quattro virano in territori simil Seattle
sound. Le ritmiche base fondamentale per l’interplay chitarristico di
Mazzoccoli e Romano, cantore autorevole nell’alternanza tra accelerazioni
sostenute e passaggi più lievi, a suo agio in un lavoro che raccoglie
riferimenti colti ed esistenziali. L’artwork (realizzato da Mauro Belfiore)
raffigura una foresta immersa nella nebbia, immagine presente nella conclusiva Circle sea e che condensa l’aurea di
sospensione ed incertezza, anche sonora, che attraversa l’intero album. (Luigi
Cattaneo)
Lovecraft (Video)
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