Opera prima per i
romani Venus’s Delight, giovane quartetto formato da Alessandro Gregori (voce,
tastiere e chitarra acustica), Davide Barrasso (batteria), Ariele Cartocci
(chitarra e bouzouki) e Giorgio Ragusa (basso). Nati solo un paio di anni fa
arrivano a questo debut colmi di passione per il sound caldo del rock
progressivo settantiano, un aspetto che ritroviamo con enfasi in Road to the north, finalizzazione di un
progetto che guarda a certi anni storici senza però focalizzarsi eccessivamente
su tale caratteristica. Compendio di suoni che guardano al lato oscuro del
genere (Van Der Graaf Generator), lambiscono territori classicamente vintage
(King Crimson) attualizzandoli con una veste contemporanea (gli immancabili
Porcupine Tree), in un crossover di soluzioni che con buoni risultati esplorano
varie anime del termine rock progressivo. La formazione, anche se recente,
mostra una più che discreta compattezza, con ritmiche solide che forniscono
l’ideale punto di appoggio per gli arpeggi acustici di Gregori, davvero
raffinati e ben inseriti nel contesto elettrico e per i passaggi più rock di
Cartocci (interessante anche nei frangenti in cui suona il bouzouki). La band
ha sicuramente valide idee, che si manifestano in brani come A station called love o la title track
finale, esempi di un songwriting pulito, che punta su gradevoli colori tenui,
su un elaborato alone dark e su concetti eclettici musicali e testuali
riconducibili ai gloriosi ’70. Certamente il gruppo può crescere ancora, ma le
premesse per un bel futuro ci sono tutte. (Luigi Cattaneo)
A song for a songwriter (Video)
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