Nati a Pisa nel 2012,
gli Eveline’s dust (Nicola Pedreschi alle tastiere e alla voce, Lorenzo
Gherarducci alle chitarre, Angelo Carmignani alla batteria e Marco Carloni al
basso) sono un quartetto che unisce le visioni dei King Crimson e dei Pink
Floyd con quelle contemporanee di Steven Wilson e dei suoi mille progetti. Dopo
l’esordio Time changes del 2013
eccoli di nuovo in pista con Painkeeper,
un concept ispirato dalla poesia Il
custode di dolori di Federico Vittori che mette in luce la capacità della
band di condurre in un mondo sospeso, immaginario e ricco di suggestioni. Lo
fanno tramite arrangiamenti eleganti, ottime dinamiche strumentali, aperture
melodiche di grande gusto e sprazzi hard mai invadenti e sempre congeniali alla
narrazione. Gli Eveline’s dust sono riusciti a sviluppare un racconto
credibile, drammatico nel susseguirsi di brani, che pur se complessi risultano
freschi e anche immediati, complice un impeto comunicativo che non è comune a
tutte le prog band. L’album presenta significativi chiaroscuri, una dicotomia
tra la speranza e l’illusione della storia espressa attraverso passaggi
malinconici ed evocativi. Il carattere dark di fondo viene spezzato da filtri
di luce che tendono a far risaltare ancora di più gli attimi maggiormente
palpitanti del concept, come se ci si trovasse insieme ai protagonisti a vivere
di sogni e illusioni. I pisani riescono a tenere alto il pathos emotivo sino al
mesto finale di We won’t regret,
epitaffio di un album che prende spunto dai ’70 ma evita di scimmiottarli
preferendo un approccio orientato al prog moderno e figlio degli anni 2000.
(Luigi Cattaneo)
A tender spark of unknown (Video)
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