Esordio assoluto per i
Verganti, band nata nel 2015 ma con lo sguardo saldamente rivolto al sound
analogico dei ’70 e alla corrente progressiva italiana di New Trolls e Museo
Rosembach. Adolfo Pacchioni (chitarra), Giovanni Vazzana (tastiere), Gigi Morello
(batteria), Giulia Cardia (voce), Paolo Bellardi (basso) e Savino De Palo
(voce) sono i nomi che si celano dietro Atlas,
un concept autoprodotto che prende spunto dai libri di Mauro Biglino. Musica e
parole (firmate da Pacchioni) seguono un percorso totalmente vintage, tanto da
sembrare uno di quei lavori postumi del 1972 che spesso fanno la felicità di
nostalgici e aficionados del genere, quindi chi esige dal progressive uno
scatto in avanti temporale probabilmente non finirà nemmeno di leggere queste righe.
Tutti gli altri troveranno invece pane per i loro denti, perché i Verganti
sanno il fatto loro e stanno benissimo vicino a quei gruppi contemporanei che
proprio al lontano passato guardano (Il Cerchio d’oro, Posto Blocco 19, giusto
per citarne un paio). L’inizio è assolutamente buono, con L’arrivo, lunga traccia sintesi del pensiero dei torinesi ma anche
la seguente La creazione, che
continua la strada di un raffinato prog rock d’autore. La rivolta dell’umano e Diverso
risultano drammatiche e curate dal punto di vista del pathos, espressione
di un plot narrativo che sa essere romantico e sognante. Eva tratteggia intuizioni degne del periodo d’oro del genere,
mentre L’imbarco presenta scenari
apocalittici, complice anche il momento delicato vissuto dai protagonisti del
racconto. Gradevole ballata è Il distacco,
contrassegnata dal duetto tra la Cardia e De Palo, anche se personalmente è la
traccia che meno mi ha entusiasmato dell’intero platter. Punta su una riuscita
atmosfera La traversata, prima della
bella doppietta finale con la leggiadra Nuovo
inizio e Il tempo, ideale
epitaffio di un debut anacronisticamente piacevolissimo. (Luigi Cattaneo)
L'arrivo (Video)
Grazie Luigi della sincera recensione.
RispondiEliminaA te Adolfo!Luigi
RispondiElimina