lunedì 7 gennaio 2019

LIFESTREAM, Diary (2018)


Nati a Prato nel 2006, i Lifestream sono un quartetto formato da Alberto Vuolato (chitarra), Andrea Cornuti (basso), Andrea Franceschini (piano e tastiere) e Paolo Tempesti (voce e batteria), che prende spunto dal progressive classico e dall’AOR, senza dimenticare di avere uno sguardo anche su quanto accaduto nell’ultima decade. Diary è il loro esordio, segnato da influenze piuttosto certe che rispondono al nome di Genesis, Yes, Marillion ma anche Kansas e Porcupine Tree, ma è possibile citare, sia per vicinanza stilistica, sia per la stessa provenienza regionale anche band come Eveline’s Dust e The Forty Days.  Dreamer è il biglietto da visita iniziale, con tanto di Hammond e chitarra floydiana a farci capire in che direzione si muovono i toscani, un’apertura convincente che fa il paio con la seguente Built from the inside, anch’essa molto tipica e decisamente riuscita, conferma le iniziali impressioni di trovarsi dinnanzi ad una band che abbina buone capacità tecniche a quelle di songwriting. The shy tree è una ballata elettrica che si contraddistingue per un bel crescendo nella seconda parte, in cui le tastiere esaltano la passionalità, lo slancio, anche emotivo, della narrazione. Gradevole Sound of the earth, anche se l’ho trovata meno coinvolgente delle altre, mentre Discoveries è una buonissima suite in quattro parti sintesi del pensiero dei Lifestream, tra aperture classicheggianti, dolci melodie e fughe hard prog. Whispers è un’altra delicata ballata, molto settantiana e davvero godibile, prima della mastodontica suite in cinque sezioni Over the rippling waters, che esplica tutte le caratteristiche del sound del quartetto lungo sedici minuti tutti da ascoltare. La conclusiva title track chiude molto bene un lavoro di grande pregio e raffinatezza. (Luigi Cattaneo)
Over the rippling waters (Video)
     

Nessun commento:

Posta un commento