Nati a Prato nel 2006,
i Lifestream sono un quartetto formato da Alberto Vuolato (chitarra), Andrea
Cornuti (basso), Andrea Franceschini (piano e tastiere) e Paolo Tempesti (voce
e batteria), che prende spunto dal progressive classico e dall’AOR, senza
dimenticare di avere uno sguardo anche su quanto accaduto nell’ultima decade. Diary è il loro esordio, segnato da
influenze piuttosto certe che rispondono al nome di Genesis, Yes, Marillion ma
anche Kansas e Porcupine Tree, ma è possibile citare, sia per vicinanza
stilistica, sia per la stessa provenienza regionale anche band come Eveline’s
Dust e The Forty Days. Dreamer è il biglietto da visita
iniziale, con tanto di Hammond e chitarra floydiana a farci capire in che
direzione si muovono i toscani, un’apertura convincente che fa il paio con la
seguente Built from the inside,
anch’essa molto tipica e decisamente riuscita, conferma le iniziali impressioni
di trovarsi dinnanzi ad una band che abbina buone capacità tecniche a quelle di
songwriting. The shy tree è una
ballata elettrica che si contraddistingue per un bel crescendo nella seconda
parte, in cui le tastiere esaltano la passionalità, lo slancio, anche emotivo,
della narrazione. Gradevole Sound of the
earth, anche se l’ho trovata meno coinvolgente delle altre, mentre Discoveries è una buonissima suite in
quattro parti sintesi del pensiero dei Lifestream, tra aperture
classicheggianti, dolci melodie e fughe hard prog. Whispers è un’altra delicata ballata, molto settantiana e davvero
godibile, prima della mastodontica suite in cinque sezioni Over the rippling waters, che esplica tutte le caratteristiche del
sound del quartetto lungo sedici minuti tutti da ascoltare. La conclusiva title
track chiude molto bene un lavoro di grande pregio e raffinatezza. (Luigi
Cattaneo)
Over the rippling waters (Video)
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