Tornano dopo un’assenza di ben sei
anni i Wicked Machine, quartetto formato da Alberto “Drago” Ragozza alla voce
(già con i Love Machine), Steve Zambelli alla chitarra, Manuel Gatti al basso e
alle tastiere e Simone Oldofredi alla batteria, che avevamo lasciato nel 2011
con un primo lavoro intriso di hard & heavy, caratteristica principale
anche del nuovo Chapter II, uscito un
paio di anni fa e totalmente autoprodotto. Oltre alla classicità di Iron
Maiden, Dio e Judas Priest, i ragazzi infarciscono l’album di frangenti epic
alla Armored Saint, pulsioni settantiane che chiamano in causa i Nazareth e un
tocco prog vicino ad alcune cose dei Queensryche. La durezza insita nei pezzi è
mitigata da una costante ricerca melodica, basti ascoltare l’opener Working class hero, immediata e di
grande impatto. Ma la band riesce a guardare anche in altre direzioni, come
nell’oscura Volador, dal riff
portante al limite del doom o nella suite di 14 minuti The flight of Horus, dove emergono spunti prog ben calibrati e
decisamente riusciti, una sintesi delle diverse anime del gruppo e atto
principale di questo come back. Mi preme citare anche la riuscita cover di Wild boys dei Duran Duran e la
conclusiva Dark hell, tenebroso
finale di un lavoro convincente e che conferma la bontà della scena metal
italiana, troppo spesso bistrattata e poco considerata. (Luigi Cattaneo)
Volador (Video)
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