Bell’esordio per gli
Instant Curtain, quartetto composto da Giuseppe Petrucci (chitarra, hammond,
piano, mellotron e synth), Fabrizio Poggi (basso, tastiere e batteria), Carlo
Maria Marchionni (batteria) e Massimo Gerini (voce), che arriva a questo Let
tear us apart consapevole dei propri mezzi e con una passione innata per il
progressive rock. Inutile dire della bravura tecnica degli interpreti, abbinata
ad una buona capacità di scrittura, che fa dell’album un bel viaggio all’interno
di un mondo sonoro composito e suggestivo, dove troviamo le origini inglesi di
un genere immortale ma anche i suoni di band nostrane come Court e Anèma. Reverse
in the sand mostra da subito una band attenta alla rifinitura melodica,
capace di porre uno sguardo sul passato storico ma anche sul contemporaneo, Tell
the tales, may I cita i Genesis ed è un episodio dalle tipiche atmosfere
vintage, mentre The beginning mostra come il lavoro d’insieme per la
band sia fondamentale. Briosa e complessa All white, tesa e coinvolgente
The ship battle down, tra i momenti migliori del disco, prima di And
the rest divide us, altro brano notevole, con l’hammond che si fa
protagonista con il passare dei minuti. I Genesis sembrano tra i modelli anche
in Safe as the world, Petrucci gioca con la chitarra in Stay, il
finale di April, con le intricate ritmiche della coppia Marchionni/Poggi
è l’epitaffio di un lavoro interessante e molto gradevole. (Luigi Cattaneo)
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