Quinto album per i Dark
Ages, band che ha sempre trovato spazio sulle pagine del blog e che conferma
con il nuovo Between us (Andromeda Relix 2022) la crescita esponenziale
degli ultimi anni, da quando si sono riformati con le due parti di Teumman (divenuto
anche spettacolo teatrale), che seguivano il debut Saturnalia del
lontano 1991 (l’unico che purtroppo non sono ancora riuscito ad ascoltare). Crescita
che si palesa già nelle prime trame di Pristine eyes e Showdown
(dove troviamo ospite Gianbattista Manenti, voce dei The Unity), che uniscono
complessità strutturale e partiture melodiche ottimamente rifinite,
caratteristiche che abbondano anche nella successiva e roboante The villain
king, un trittico iniziale di grande prog metal. Ma l’evidente stato di
grazia investe pure Beyond, dove funziona tutto, un chorus suggestivo
cantato con enfasi da Roberto Roverselli a coronamento di un interplay
magistrale tra la chitarra del fondatore e chitarrista Simone Calciolari, le
tastiere precise e mai sopra le righe di Angela Busato e le ritmiche compatte
della coppia formata da Carlo Busato alla batteria e Gaetano Celotti al basso. Difficile
mantenere un tale tasso d’ispirazione ma Our lonely shelter è un altro
frangente pieno di pathos, con un intenso crescendo lirico a contraddistinguere
un brano che muta pelle più volte. The great escape è l’ennesimo momento
di valore, sapientemente architettato e nel contempo molto comunicativo, mentre
Riddle from the stars non raggiunge i picchi delle precedenti
composizioni pur essendo un pezzo comunque gradevole. Chiude il disco la lunga There
is no end, che racchiude tutti gli elementi che caratterizzano il sound dei
veronesi, un finale che mette in calce come il quintetto sia giunto a piena
maturità con un album dal respiro internazionale, affinato da anni di attività
e da una scrittura sempre più progressive, costruito in maniera raffinata e con
una cura per il dettaglio davvero significativa. (Luigi Cattaneo)
Pristine eyes (Video)
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