Secondo album da leader
per Paolo Dinuzzi (bassista che ha lavorato con Paolo Fresu e Adam Pieronczyk),
accompagnato in questo Invisible da Sabino Fino (sax), Giancarlo Pirro
(chitarra) e Riccardo Gambatesa (batteria). L’ottimo bassista e compositore
pugliese guarda con pathos al mediterraneo, scrivendo trame fluide e
coinvolgenti, un disco dove l’interplay è sempre improntato ad un jazz
strutturato ma che non esaspera in tecnicismi, risultando comunicativo sin
dalle prime note della title track e della seguente Talking with Nina. Lodevole
lo sviluppo fiatistico di Fino, così come si fa notare l’apporto creativo di
Pirro, spigoloso ed efficace nei suoi interventi, così come importantissimo è
il lavoro svolto da Gambatesa, che forma una sezione ritmica, insieme a
Dinuzzi, di classe ed esperienza, anche quando si cimentano in tempi irregolari
sanno regalare partiture delicate ed eleganti. Un lavoro d’insieme, dove tutti
trovano i giusti spazi in cui inserirsi, rendendo brani come Skin e South
al contempo coesi e tenui, raffinati e vibranti, uno spleen immaginifico
altamente narrativo che si propaga anche in Quattro e I’m back,
splendide costruzioni di un viaggio che termina con Emergency, chiusura in
cui il quartetto sublima una prova d’autore intima e suggestiva. (Luigi
Cattaneo)
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