“Specchio specchio delle mie brame...”
Ascolta Mirrors of another self su Youtube qui https://www.youtube.com/watch?v=DxiykuHz7tk
Progressive Rock&Metal ma anche un'ampia panoramica su Jazz, Blues, Folk, Hard&Heavy, Psichedelia, Avanguardia, Alternative, Post Punk, Dark Rock. Un blog sulle sfumature della Musica.
“Specchio specchio delle mie brame...”
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Quinto disco per Jacopo
Ferrazza, talentuoso contrabbassista che nel corso degli anni ha suonato con
alcuni decani della scena jazz italiana, tra cui Enrico Rava, Paolo Fresu ed
Enrico Pieranunzi. Uscito a inizio 2025, Prometheus vede Jacopo accompagnato
da Enrico Zanisi (piano, synth, elettronica), Alessandra Diodati (voce), Livia
De Romanis (violoncello) e Valerio Vantaggio (batteria), stessa formazione che
aveva già convinto in Fantasia, che nel 2022 aveva vinto il Global Music
Awards nella categoria jazz. Prometeo, spiega Ferrazza, rappresenta l’uomo
contemporaneo oppresso da paure, conformismo e dubbi. Il fuoco, simbolo di vitalità,
intuizione e creatività, diventa una metafora, il potenziale umano che,
resistendo alle pressioni esterne evolve e ritrova la propria essenza
autentica. Un album emozionante, tra cambi di atmosfera, soluzioni
inaspettate e in odore di progressive rock, passaggi ricchi di melodia che si
alternano ad altri più tesi, aspetti che esaltano il drammatico concept narrato
dal quintetto. The rediscovery of fire, Titan rises, I am
everywhere, sono alcuni dei momenti più significativi di un’opera
trasversale e variopinta. (Luigi Cattaneo)
Esordio per Orange Mun,
duo formato da Martina Gurrieri e Emilio Longobardo, jazzisti che qui si
cimentano con la musica elettronica, sfornando un lavoro profondo, quasi una
colonna sonora, tanto risulta forte il rimando immaginifico della narrazione
espressa. Un disco inquieto, autunnale, sin dall’iniziale ed elegante All
over you, dove l’utilizzo accorato di synth e drum machine connota quello
che sarà il racconto di Love, che si fa ancora più incisivo in Healing,
atmosferica e velata di malinconia. La raffinata One more sunrise, l’elettronica
affilata di Future e la notturna Alright, pongono Martina ed Emilio
vicino, per certi versi, ad altri progetti in duo come Autechre, Fuck Buttons, Telefon Tel Aviv e
Modeselektor, ma è bene dirlo, non c’è nessuna emulazione fine a sé stessa,
quanto più la volontà di ricercare un ponte tra elettronica e soul, deep house
e new age. Per ascoltare Love potete visitare la pagina https://soundcloud.com/orangemun-music/sets/love-180786082
(Luigi Cattaneo)
Vincitori del Premio
Perugia Alberto Alberti nel 2024 e del Conad Jazz Contest nel 2025, i Saihs
arrivano al debutto tramite Gleam Records, etichetta sempre più al centro della
scena jazz italiana. Matteo Zecchi (sax), Giulio Mari (tromba), Giulio Tullio
(trombone), Lorenzo Fiorentini (piano), Giulio Barsotti (contrabbasso) e
Edoardo Battaglia (batteria) con Distopia firmano un lavoro d’insieme pulsante,
ottimamente scritto e variegato, composto con una certa vivacità e capace di
impressionare per la maturità che emerge netta lungo l’oretta di musica. Il sestetto,
che, tolto l’azzeccato omaggio al Bud Powell di Celia, propone solo
composizioni originali, tutte estremamente interessanti e arrangiate con lodevole
attenzione, non ha paura di mutare il profilo strutturale della proposta all’interno
del percorso, nonché di sviluppare soluzioni individuali coinvolgenti. L’equilibrio
con cui articolano le intense trame i toscani mostra l’organizzazione di questo
esordio, caratterizzato dal riguardo verso la storia del jazz ma anche dalla
volontà, ferrea, di calarsi nel presente e di cercare una propria via, aspetto
da non sottovalutare quando si parla di giovani autori. (Luigi Cattaneo)
Second try (Video)
Quando la vita con i suoi doveri ci schiaccia, ci sentiamo imprigionati in un buco, rannicchiati, alla ricerca disperata di ossigeno. Senza una valvola di sfogo, un obiettivo da inseguire o un legame autentico, si rischia di esplodere come una pentola a pressione.
I Deep As Ocean trovano nei sogni la loro linfa vitale, quella forza che distilla la fatica mutandola in energia ed eleva la vulnerabilità trasformandola in salvezza.
Il nuovo singolo Lifeblood è un'ode alla passione e all’energia creativa che accendono l’anima e diventano carburante per non fermarsi mai. È la scintilla che spinge oltre la paura di sprecare tempo, oltre i rimpianti e le cicatrici che la vita lascia sulla pelle.
Perché, come recita il testo, “fear doesn’t help the undecided / This sound is the beating of my heart / Something that you cannot stop”: la paura non aiuta gli indecisi, questo suono è il battito del mio cuore, qualcosa che non puoi fermare.
Lifeblood strizza l'occhio al deathcore nelle strofe, per aprirsi poi al metalcore più arioso ed evocativo che richiama i 30 Seconds to Mars dell’epoca di The Kill. Un brano che pulsa di vita e determinazione, come il sangue che scorre nelle vene di chi non smette mai di sognare.
Guarda il lyric video di Lifeblood qui https://www.youtube.com/watch?v=01PJtQKiyaY
O ascoltala sulla tua piattaforma preferita qui https://benext.lnk.to/lifeblood
Nati nel 2016 nell’area di Milano, i Deep as Ocean si sono affermati come una delle band più solide e riconoscibili della scena metalcore italiana. Il loro percorso nasce dall’urgenza di fondere potenza e introspezione, dando vita a un suono che unisce riff taglienti, melodie emotive e una cura produttiva di respiro internazionale.
Dopo il debutto con l’EP Lost Hopes | Broken Mirrors e la consacrazione con l’album Crossing Parallels (2019), la band ha consolidato la propria identità attraverso un’intensa attività live e progetti di ricerca sonora come l’EP Chronicles (2022), ampliando il proprio linguaggio tra metal moderno, elettronica e atmosfere cinematiche.
A fine 2024 i Deep as Ocean tornano con Dance With Death, un album che segna una nuova fase artistica: più oscura, profonda e consapevole. Il disco affronta temi di rinascita, perdita e trasformazione, con un sound che combina aggressività e melodia in equilibrio perfetto.
Con una line-up matura, produzioni di alto livello e un’identità ormai internazionale, i Deep as Ocean rappresentano oggi una delle realtà più autentiche e promettenti del metalcore contemporaneo.
Prendete uno shaker e versateci dentro l’attitudine hard rock melodica degli L.A. Guns, la potenza sonora più attuale degli Shinedown e l'oscura ruvidità degli Alice in Chains. Agitate con tutta la forza che avete in corpo e il risultato sarà On My Way, il pungente singolo dei Guilty of Joy.
Guarda il videoclip di On my way su Youtube qui https://www.youtube.com/watch?v=9fmcOBwUvfY
I Guilty of Joy sono una rock band slovena che riporta in vita lo spirito della scena anni ’90 con un tocco fresco e moderno. Il gruppo è formato da quattro musicisti con oltre 25 anni di esperienza: Žiga Jerič (chitarra), Jure Jelovčan (basso), Marko Duplišak (voce) e Rok Zaplotnik (batteria). Musicisti appassionati, che vivono e respirano musica, condividono la stessa urgenza creativa e l’entusiasmo di portare i propri brani sul palco.
È sempre un piacere
scoprire band giovani e sconosciute muoversi con piglio certo e una forte dose
di concretezza, proprio come il quartetto Azan Mallory, band formata da Elia
Albertini (chitarra), Johana (batteria), Marco Munari (basso) e D (tastiere). Il
primo capitolo della loro discografia, Mercury Cazimi del 2023, è un
concentrato di progressive rock con qualche spunto vicino al post strumentale, non solo suonato con
perizia ma anche scritto e registrato in maniera sorprendente. Sin dalle prime
note di Sandness mi sono trovato in un viaggio sonoro fatto di
malinconia, energia e profondità di idee, tutto realizzato con cura e pathos,
aspetti che emergono netti nel corso del disco. Le lunghe fughe di Bended,
la struttura avvolgente di B&B e le ricche articolazioni di B
side, sono lì a dimostrare il grado di cura che ha portato gli emiliani ad
incidere un album davvero raffinato ed elegante. La chiusura di Linx,
per la quale è stato girato anche un video, è la giusta conclusione di un
esordio convincente e maturo.
Linx (Official Video)
Prima o poi ci arriviamo tutti, a quel punto in cui ci chiediamo che senso abbia davvero l’esistenza. C’è chi passa notti intere a cercare una risposta, immerso in libri, riflessioni o musica.
“How come now everything makes sense to me?” si domanda la voce di Clearance, il nuovo singolo degli Ataraxic Void. Perché ora tutto sembra avere un senso, eppure resta il dubbio più grande: come ci sono arrivato fin qui?
Il brano rimbalza tra lucidità e smarrimento, tra l’illusione di aver trovato una verità e la consapevolezza che ogni rivelazione porta con sé una nuova ombra. Dall’osservazione amara dell’ipocrisia, quella che spinge a “fingere di non avere paura mentre si è diretti verso la tomba”, emerge un momento mistico in cui ci si sente finalmente “parte di ogni cosa”.
Ma questa chiarezza si basa su un equilibrio fragile: se su un piatto della bilancia c'è l'illuminazione, sull'altro ci sono il cinismo e il disincanto, dove “ogni colore sbiadisce in grigio” e la vita si mostra per quella che è, “senza significato”.
In Clearance l’accettazione del destino convive con l’angoscia dell’essere, e lo sforzo di restare si scontra con la tentazione di sparire. È il ritratto di un’anima in bilico tra resa e resistenza, che sceglie di sopravvivere un giorno alla volta.
In questo brano, il suono denso e oscuro erede di Alice in Chains e Soundgarden si tinge di sfumature psichedeliche e riverberi di inquietudine. Un tappeto sonoro che amplifica il conflitto e rende Clearance un pezzo adatto a chiunque cerchi significato nell'inevitabile.
Ascolta Clearance su Youtube qui https://www.youtube.com/watch?v=KmIxeiGhvB4
O sulla tua piattaforma preferita qui https://orcd.co/ataraxicvoid-clearance
Gli Ataraxic Void nascono nel 2019 dall’urgenza creativa di Franz, chitarrista, cantante e autore, che decide di tornare alla musica dopo oltre un decennio di inattività. Le sue influenze spaziano dal grunge all’alternative, con riferimenti a band come Alter Bridge, Tool e Queens of the Stone Age. I suoi testi indagano le profondità dell’animo umano, tra morte, fragilità e alienazione.
Dopo alcuni cambi di formazione, la band trova stabilità tra il 2021 e il 2023 con l’arrivo del batterista Sal, già attivo in progetti come Sakem, Blazing Clash e Rockin’ 1000, che aggiunge precisione e groove alla sezione ritmica, del bassista Vinz, appassionato di crossover e autore di linee essenziali ma riconoscibili, e infine di Andre, chitarrista, cantante e autore con una lunga esperienza da musicista e content creator, il cui stile unisce sonorità rock anni ’80 e ’90.
Insieme danno vita a un progetto alternative rock che fonde post-grunge e crossover, arrivando alla realizzazione dell’album di prossima uscita Anthems for Those Who Are Stranded in a Blind Spot, frutto della fusione delle loro esperienze e visioni musicali.
Attivi dal 2012, gli
Eveline’s Dust in questi anni si sono distinti per un approccio moderno alla
materia progressive, guardando spesso con curiosità al mondo di Porcupine Tree
e, più in generale, a Steven Wilson. Non fa eccezione l’ultimo omonimo lavoro,
il quarto per l’esattezza, un racconto corposo quello fatto da Nicola Pedreschi
(voce, tastiere), Lorenzo Gherarducci (chitarra), Marco Carloni (basso) e
Angelo Carmignani (batteria), che oramai sono una band rodata e matura, capace
all’interno della forma canzone di sviluppare soluzioni personali estremamente
rifinite. L’atmosfera malinconica di Rising 2 apre il disco, prima
dell’elegante Eveline e dell’intensa Here there nowhere. Più
strutturata Returning somewhere, che mantiene comunque la forte
comunicatività che contraddistingue da sempre la proposta del gruppo, mentre Grace
the sound prima e Crawl successivamente sanno essere immaginifiche e
affascinanti. Le conclusive Void (dove troviamo la voce di Lara Billie
Moretto) e Better lie bitter life confermano la forza delle idee di
questo ritorno. (Luigi Cattaneo)
Eveline (Video)
Interessante uscita per
l’ottima Abeat, una big band guidata da Vito Andrea Morra con grande efficacia
e fantasia, una produzione impeccabile e giustamente ambiziosa (basti pensare
al numero di straordinari musicisti presenti nel disco). La Big Band del Pentagramma
(dall’Accademia di musica pugliese Il Pentagramma) si esibisce in dieci brani
suddivisi tra originali e standard (tra le migliori Body and soul di
Johnny Green e ‘Round midnight di Thelonious Monk), mantenendo sempre
alta la tensione, anche grazie alla scelta oculata degli arrangiamenti (davvero
importantissimi nell’economia dell’album) e ad interventi solistici di grande
qualità (basti citare il sax di Mike Rubin in Offshore o il flauto di
Aldo Di Caterino in G.G. Swing). Un viaggio nel passato ricchissimo,
figlio tanto della voglia di omaggiare le Big Band degli anni ’30 quanto di
provare a proiettare l’ombra lunga della storia nell’epoca contemporanea.
(Luigi Cattaneo)
Un sussurro prima della fine.
La rabbia, l'impotenza e il rimpianto di chi ha visto troppe vite spegnersi senza poterle salvare.
Una corona incrinata sulla fronte di un bambino: il potere si sgretola, la gloria marcisce.
Rimane solo il vuoto, scavato dall’avidità.
La guerra, teatro di un dolore intimo e universale, prende la forma di una ballad dalle sembianze di un'intro: secondo Jung, il diavolo tortura le anime mantenendole in attesa.
Qui, siamo nel respiro in cui la crepa fa da preludio alla frattura.
L'intensità dei Muse e la drammaticità dei Radiohead sono il terreno fertile in cui il nuovo singolo degli Helikon, The broken crown, germoglia.
Un canto romantico, ermetico e carico di pathos che aspetta i primi petali.
Ascolta The broken crown su Youtube qui https://www.youtube.com/watch?v=QhhVvS2WMH8
O sulla tua piattaforma preferita qui https://ffm.to/helikon-thebrokencrown
Gli Helikon, band italiana nata nell'estate del 2016, hanno da sempre avuto una forte inclinazione verso il thrash e l'heavy metal. Fin dagli esordi, la band ha intrapreso un percorso di crescita artistica, collaborando con Eagle Booking e ottenendo la possibilità di esibirsi accanto a band di fama internazionale come Rhapsody of Fire, Seventh Wonder, Manilla Road, Onkel Tom, In.Si.Dia, Picture, Furor Gallico. Dal 2019 al 2023, la band ha collaborato con Cerberus Booking e Ad Noctem Records, rafforzando ulteriormente la sua presenza nel panorama musicale. Oggi, gli Helikon lavorano con Sorry Mom!, continuando a spingersi oltre i propri limiti creativi e a sperimentare con nuove sonorità e tematiche. La loro determinazione e la loro passione li hanno portati a diventare una delle band più interessanti del panorama metal italiano.
The broken crown è il quarto singolo pubblicato nel 2025, dopo Deception war, Throne e Star's end.
Live album celebrativo
per i liguri Il Segno del Comando, che reputo da anni la migliore tra le band
progressive rock italiane contemporanee per qualità e continuità artistica. Sublimazione,
registrato il 31 gennaio del 2025 allo spazio Webo di Pesaro, vede la band di
Diego Banchero (basso) presentare il nuovo batterista, Paolo Serboli, ai quali
vanno aggiunti i nomi storici della formazione, Davide Bruzzi (chitarra,
tastiere), Roberto Lucanato (chitarra), Riccardo Morello (voce) e Beppi Menozzi
(tastiere). L’attacco di Il Domenicano bianco è esplicativo della
trascinante forza che ha dal vivo il gruppo, che nella prima parte della
scaletta si sofferma sulle recenti e ottime produzioni, con brani come Nel
labirinto spirituale e La bianca strada, eseguite con grande
perizia. Le oscure trame di La taverna dell’angelo e Il segno del
comando ci conducono con impeto agli esordi della band, mentre le tre bonus
track presenti, Il mio nome è Menzogna, Missa Nigra e Il
calice dell’oblio sono state registrate il 30 ottobre del 2022 in Olanda
(con ancora Fernando Cherchi alla batteria), una corposa sezione che chiude
idealmente il cerchio di questi primi 30 anni di pura magia. (Luigi Cattaneo)
Interessante debutto per
i Māyā, band anconetana formata da Michele Alessandrini (batteria, già con Lush
Rimbaud e Heat Fandango), Francesco Balducci (chitarra) e David Cavalloro
(basso, anche lui ex Lush Rimbaud), un trio nato dalla comune passione per
atmosfere filmiche e suoni globali, elementi che ritroviamo in questo Artificio
fantastico. Il crossover di influenze fa dell’album un racconto piuttosto
suggestivo ed evocativo, tra post, psichedelia, indie e world, il tutto
mescolato con cura da una band nuova ma esperta, in cui troviamo richiami tanto
agli americani Khruangbin che ai maestri Calexico. British Columbia apre
il disco subito in maniera esotica, seguito dal clima morbido di Calypso
Paulo, confermato da brani come Tristeza e Steaming hot. Il raffinato
groove di Cristina G., il dub di Rainforest drop e la briosa Māyā
Manifesto sono altri momenti ben sviluppati di un’opera prima fortemente
immaginifica. (Luigi Cattaneo)
Full Album
Interessante omaggio ad
alcuni grandi autori italiani da parte di Karima, tributo in cui si percepisce
il rispetto dell’interprete verso certi mostri sacri come Dalla o De Gregori,
ma anche la volontà di personalizzarli. Con lei troviamo Piero Frassi al piano,
Gabriele Evangelista al contrabbasso e Bernardo Guerra alla batteria, ottimi
nel regalare un lavoro raffinato ed espressivo, che parte ovviamente dalla
canzone d’autore ma finisce per sposare territori jazz, soul e black, generi su
cui si muove sicura la voce di Karima, che spiega così la genesi del disco. Questo progetto vuole raccontare un pezzo
di storia della musica italiana, rispettando le melodie per cui siamo famosi
nel mondo, ma senza rinunciare alle venature black in cui mi sento a casa. Il
pubblico mi ha spesso chiesto, dopo i concerti, un disco di questo tipo. Così
ho deciso di mettermi alla prova. Quando getti il cuore oltre l’ostacolo,
arrivi a nuove sfide. E questo disco è una di quelle. Si sviluppano in tal
senso brani come Anna verrà di Pino Daniele, Prendila così di Battisti o Buonanotte a te, che vede proprio la
partecipazione dell’autore, Fabio Concato, esempi nitidi di un album gradevole
in tutto il suo incedere. (Luigi Cattaneo)
Anna e Marco (Video)
Quarto lavoro per Aleco,
nome d’arte di Alessandro Carletti Orsini, che insieme ad Andrea Micarelli
(co-autore del lavoro) continua nel suo personale percorso di condivisione di
ricordi, avvenimenti, luoghi, raccontati attraverso un cantautorato pop leggero
e brioso. Il disco, posto all’interno di un libro che ho letto in sede di
ascolto, si muove tra malinconia e ironia, caratteristiche che accompagnano da
sempre le piacevoli uscite di Aleco. Curiosa
la scelta di aprire l’album con una cover, Un milione di anni fa, delicata
sigla di Ryu, il ragazzo delle caverne, cartone animato di inizio anni ’70,
prima di Guance rosse e Cuore di seta, dove troviamo Alessandro
accompagnato dalla voce di Nancy Fazzini, oltre che dal violino di Cecilia
Grifone nella seconda, probabilmente i due momenti più interessanti dell’opera.
Tra alti e bassi Orsini propone l’ennesimo lavoro vivace e gradevole, con un
suo trademark definito, fatto di frangenti tenui ed altri maggiormente
impegnati, caratteristiche in cui si muove con delle certezze, senza fingere di
essere qualcun altro, aspetto che lo rende sincero e credibile. (Luigi
Cattaneo)
“La vita dei morti è riposta nel ricordo dei vivi”, scriveva Cicerone. E se il sogno dell’immortalità del corpo rimane un’utopia, la vera eternità è custodita nella memoria di chi ci ha amato. You’ll Never Die, il nuovo singolo dei The Remedy, affronta il tema universale della morte con uno sguardo inedito: non come fine assoluta, ma come trasformazione, come continuità nel ricordo e nella speranza.
Il testo mette in scena un dialogo immaginario tra la vita e la morte, due voci in contrasto che incarnano, da un lato, la tentazione della resa, della depressione e della negatività, e dall’altro la fiamma ostinata della speranza, capace di resistere fino all’ultimo respiro. Nemmeno la Nera Signora può essere talmente tenebrosa da impedirci di sorriderle: “Why do you smile at your death? / You will swim into the deep sea with no more pain, your spirit won’t disappear because you'll never die”. Se chi resta conserva di noi un ricordo luminoso, allora il nostro spirito continua a vivere, libero dal dolore, eterno come le onde di un mare profondo.
You’ll Never Die pesca a piene mani dai granitici Pantera, ma è arricchito da ritmiche intricate e aperture melodiche che danno respiro al brano. La voce si espande su registri diversi, aggiungendo carattere e una profondità sfaccettata che amplificano la forza del messaggio: neanche la morte è la fine di tutto.
Ascolta You'll never die su Youtube https://www.youtube.com/watch?v=vo4cKpui_vI
I The Remedy nascono nel 2021 nelle nebbiose terre alessandrine, un periodo segnato da pandemie, crisi sociali e un rinnovato bisogno di ribellione. La band è il frutto dell’incontro tra cinque musicisti provenienti da esperienze differenti: Andrea “Rust” (Generical Disorder, Matermachina, Sylpheed, Infection Code) ed Enrico “Jack” (Sunset Shadows, Snakes, Black Ram, Sylpheed) alle chitarre, Andrea Moretti (Hellterror League, A Thousand Winters, Animhate) al basso, Ale “The Sword” (Dr. Cyclops) alla batteria e la voce di “Fenis” Ilenia (Lucky Star, Sylpheed).
Dopo l’uscita di Andrea per motivi lavorativi, la band trova in Daniele “Dany” un degno sostituto con il quale continuare a scrivere materiale nuovo.
Difficile racchiudere i The Remedy in una sola etichetta: il loro suono non è solo classic, heavy, prog o death, ma un ibrido che attinge a tutti questi mondi per creare qualcosa di personale e imprevedibile. Tra throaty screaming e clean vocals, aperture melodiche e groovy e tempi dispari, la band costruisce un’identità sonora che sfugge alle catalogazioni rigide, ma trova coerenza in arrangiamenti ricercati e ambientazioni non scontate, che richiedono un ascolto curioso e senza preconcetti: come la band stessa dice, “alla fine per tutto c'è un rimedio”.
Esordio per il bassista Alessandro
Loi, autore con It smells funny di un lavoro decisamente variopinto e
curioso, complici alcuni musicisti davvero ottimi come Gigi Rivetti (piano, da
due decenni con gli Statuto), Alberto Borio (trombone, membro dei Fratelli
Lambretta Ska Jazz), Simone Garino (sax) e Giulio Arfinengo (batteria), riuniti
sotto il monicker Toxic Jazz Factory. Jazz, soul e R&B si inseguono
all’interno di un disco influenzato da Horace Silver, The Jazz Messengers e Return
to Forever, espressione schietta di un album che parte subito in quarta con The
throne room, brano ricchissimo di groove e freschezza. Ci sono gli anni ’70
del genere in questo debutto, seppure non c’è uno sguardo passatista sulla
materia, basti ascoltare l’ottima Luna storta, dove il feeling del
quintetto incontra la tromba di Fabrizio Bosso, ma anche Novembre, ben
costruita da Loi e la band insieme al chitarrista Alessandro Di Virgilio, e The
Shepherd’s march, che vede la partecipazione dei Fratelli Lambretta e di Paolo
Bonfanti alla chitarra. Un primo passo a proprio nome scorrevole e sincero per
Loi, la cui dimensione reale, anche a giudicare dalle trame di It smells
funny, pare quella del concerto, occasione dove probabilmente le
composizioni dell’album possono davvero spiccare il volo. (Luigi Cattaneo)
Cosa accadrebbe se Lucifer decidesse di fuggire dall’Inferno e la sua inseparabile amica Mazikeen lo seguisse sulla Terra? Da questa domanda prende vita Lady Mazikeen, il nuovo singolo dei Woda Woda, un brano hard’n’heavy dal sound distorto, desertico e rovente.
Ispirata alla celebre serie TV Lucifer, la canzone porta al centro la figura di Mazikeen, leader dei demoni Lilim e fedele compagna di squadra del Re dell’Inferno. Dopo millenni passati tra torture e fiamme, Maze sceglie di prendersi una “vacanza” dal dolore, ritrovandosi immersa in un’esperienza terribilmente umana. Un personaggio affascinante e contraddittorio che, dietro la corazza infernale, lascia gradualmente intravedere fragilità, desideri e un’umanità inattesa: “sogna stelle volando in basso”, rinchiusa nella sua “gabbia di metallo” dove “la mente fugge dall’anima” che vorrebbe finalmente possedere.
Il brano, con le sue chitarre ruvide e incandescenti, richiama vagamente il riff portante della sigla della serie TV, quasi fosse una dichiarazione d’amore senza mezzi termini alla musa ispiratrice della band. Lo stesso accade nel videoclip, che segue Mazikeen nei suoi pensieri e nel suo tormento, restituendo un viaggio visivo tanto oscuro quanto ipnotico.
Con Lady Mazikeen, i Woda Woda celebrano un personaggio iconico, la domanda quindi nasce spontanea: a chi sarà dedicato il prossimo brano?
Guarda il lyric video di Lady Mazikeen qui https://www.youtube.com/watch?v=Z1V9E8PHIBM
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Dopo millenni di fede e vanità, 5 “angeli caduti” trovarono la loro dimora a Little Plug.
Correva l’anno 2020 D.C. o meglio conosciuto come l’anno 0 D.C.
Il nome della loro “Legione” (WODA WODA) simboleggia ed invoca due volte l’alter ego del fuoco e si presentano al mondo con il brano Medusa, seguito da Portando la pelle a casa e nel 2021 con Divano giallo.
La redenzione di Lucifer, Leviathan, Samael, Asmodeus e Behemoth, questi i componenti della band, apre le porte alla conoscenza dell’umanità nell’anno 2022 D.C con We are biker guys e l’anno successivo con P.U.B. Prendimi usami e buttami.
Nell’anno 2024 D.C terminano la loro “caduta” con Sesso & Vino e con Daisy.
Ma ciò che accade nell’anno 2025 D.C (anno 5 D.C.) apre l’era verso la conoscenza, nasce una nuova prospettiva, rivoluzionaria, che sfida tutto ciò che il mondo ha sempre creduto.
Ecco il vero volto di chi è stato dipinto come nemico ma in realtà è “Il portatore di luce” e non di tenebra.
Il 13 giugno 2025 D.C (anno 5 D.C.) il mondo scopre tracce come Veleno (Lucifer 1.8) e l'ultimissimo Lady Mazikeen e mai come oggi, è pronto a conoscere il lato non oscuro dell’Inferno.
Gli Ego Divided condividono le loro Reflections in questo nuovo singolo, un brano che affonda le radici nel prog-death di Atheist, Beyond Creation ed Edge of Sanity.
Il pezzo integra vocalità estreme e clean che seguono le geometrie intricate dello strumentale: il tema è scomodo da affrontare, allora usiamo tutti i linguaggi possibili per ragionarci su.
Reflections mette a nudo l’ipocrisia di una società che sacrifica il vero valore umano sull’altare del denaro e dell’immagine. La nuova normalità è fatta di compromessi, corpi svenduti e maschere sociali, per cui è meglio essere cauti: “Appearances are often deceiving / Sheeps, in reality, are bloodthirsty wolves”. Essere disposti a tutto per arricchirsi è il vero valore oppure è questo il motivo per cui affoghiamo nel fango?
Ma la verità, prima o poi, emerge sempre e quando accadrà, non serviranno più scuse: oggi semplicità e autenticità sono sottovalutate, ma sono queste le caratteristiche che durano e possono quindi lasciare un segno indelebile nel tempo. Le maschere cadono sempre.
Ascolta Reflections su Youtube qui https://www.youtube.com/watch?v=npCX2psQKCc&ab_channel=EgoDivided-Topic
Oppure sulla tua piattaforma preferita qui https://orcd.co/egodivided-reflections
Gli Ego Divided nascono nel 2005 dall’idea dei chitarristi Massimo Masi e Alberto Zimone, inizialmente come progetto di cover band. Con il tempo, la formazione evolve e comincia a lavorare su brani originali, trovando nel 2012 una svolta con l’arrivo del vocalist Mauro Tagliavia, autore di testi profondi e intensi.
Dopo una prima fase di difficoltà che interrompe le registrazioni dell’album d’esordio, la band torna più determinata che mai: nel 2018 entrano nella line-up Elio Lao (batteria) e Alessio Lopes (basso), spingendo il gruppo verso nuove energie creative che culminano nel 2024 con l’uscita del debut album, disponibile su tutte le principali piattaforme digitali.
Nel 2024, con l’ingresso del batterista Phil Spinelli (Tol Morwen), la band pubblica il singolo Totally Blind. Nel 2025, dopo le registrazioni di Reflections, avviene un nuovo cambio di formazione: entra Manfredi Mansueto (State of Neptune) alla batteria, mentre Ermanno Siino prende il posto di Alberto Zimone alla chitarra, consolidando così il nuovo assetto degli Ego Divided.
Terzo lavoro da solista
per il violinista Stefano Zeni, che torna a proporre qualcosa di nuovo con Avalon
Songs, album registrato nel 2023 insieme a Bruno Marini (sax), Marco
Arienti (contrabbasso) e Alberto Olivieri (batteria). L’inconsueto connubio tra
violino e sax produce un disco fortemente suggestivo e personale, quasi un
concept visti i riferimenti ai cavalieri della tavola rotonda di Re Artù, resi
ancora più accentuati dalle note e dalle raffigurazioni presenti nella versione
Cd in mio possesso. Tra pizzicato e uso dell’archetto, Zeni costruisce otto
trame intricate ed eleganti, dove le improvvisazioni si sposano con il rigore,
merito anche della registrazione live in studio, senza ritocchi e successive
manipolazioni. Certamente il riferimento più importante pare essere l’arte di
Jean Luc Ponty, ma Zeni ha l’esperienza per sapersi smarcare e creare una propria
visione, aspetto preponderante dell’ennesimo interessante episodio firmato
Caligola Records. (Luigi Cattaneo)
È sempre un piacere
ritrovare i veronesi Ex, band formata da Roby Mancini (voce), Stefano Pisani
(chitarra, membro degli storici Spitfire), Gabriele Agostinelli (basso) e El Drogo
(in qualità di ospite, alla batteria). Attivi dal 1997, i veneti sono tra gli
alfieri del rock italiano underground, forti di un suono fiero ed essenziale,
senza particolari orpelli, hanno sempre puntato sull’essere diretti e immediati,
caratteristiche emerse nette in quasi 30 anni di carriera. L’attitudine live
dei loro dischi viene confermata dal recente Combattere sempre, un
monito ma anche una dichiarazione d’intenti senza compromessi, resa efficace da
un lotto di brani carichi di tensione e forza comunicativa, già a partire dall’iniziale
Arresta il sistema. Le strutture volutamente asciutte, i racconti di
vita quotidiana, l’impatto energico e dal piglio punk, sono tutti aspetti che
certificano quanto ci sia bisogno oggi, più che mai, di proposte così veraci e
sincere. (Luigi Cattaneo)
Curiosa uscita per il duo
formato da Loreno Simoni (sax contralto e autore di tutti i brani presenti) e
Iacopo Teolis (tromba, flicorno, già apparso su queste pagine per il
validissimo esordio The moving forest), che con questo Openings realizzano
un lavoro tanto breve (circa 30 minuti) quanto affascinante. Certo l’idea di
muoversi utilizzando solo due strumenti riduce il campo d’azione, e difatti non
sempre c’è il giusto coinvolgimento all’interno dei brani, seppure nel
complesso il meccanismo innestato risulta interessante. Il dialogo tra i due,
strumentisti notevoli, è fitto, figlio di un certo equilibrio tra le parti, su
cui si muovono di volta in volta, in maniera più spiccata, le loro evoluzioni
solistiche, maturate in un lavoro di squadra minuzioso. Per ascoltare e
acquistare il disco potete visitare la pagina https://open.spotify.com/intl-it/album/7qBs0QtOwqb6gwyb8EFYa0?si=FnVSz-MiT3SftdJxyPCimg&nd=1&dlsi=1643dd8ab7b44473