sabato 9 marzo 2013

MONO, You Are There (2006)

I giapponesi Mono sono da tempo uno dei nomi di riferimento più importanti della corrente post rock più comune e se vogliamo più tradizionalmente convenzionale. La band, con base a Tokyo, è attiva sin dalla fine degli anni Novanta e inizia ad incidere per Tzadik nel 2001, con l’album d’esordio Under the pipal tree. Nel 2004 i nipponici lasciano l’etichetta di John Zorn per approdare alla Temporary Residence. Dopo l’album Walking cloud and deep red sky, flag fluttered and the sun shined dello stesso anno, nel 2006 l’etichetta statunitense pubblica You are there, considerato il capitolo più celebre e riuscito del gruppo. Se la band è reminiscente della musica di Godspeed you! Black Emperor e Mogwai degli esordi, il riferimento stilistico più vicino – ed efficace – è quello rappresentato dagli Explosions In The Sky, dei quali sostanzialmente i Mono riprendono non solo lo spirito ma anche il modus operandi. Lunghi pezzi atmosferici e puramente strumentali, caratterizzati da crescendo climatici che alternano momenti di eterea stasi a sfuriate dove le chitarre si caricano di lancinanti distorsioni, rendendo il suono saturo e vibrante. Nel caso di You are there, la lunghezza dei pezzi diventa la costante, sfiorando in alcuni casi addirittura il quarto d’ora. Il canovaccio è dei più classici in pezzi come Yearning o Moonlight, dove i delicati arpeggi della chitarra sfociano in impennate chitarristiche, con abuso di feedback, riverberi e delay. La sensazione è di deja-vu e già sentito e nonostante un’indiscutibile perfezione formale raramente riescono a toccare le corde giuste. La produzione di Steve Albini dona un senso di incertezza e di mistero alle partiture dei giapponesi impreziosendo le orchestrazioni della title track, probabilmente il pezzo migliore dell’album. Forse, complessivamente, a livello di atmosfere, i momenti migliori sono rappresentati dall’intermezzo pastorale di The remains of the day, basato su un toccante dialogo tra piano e archi e A heart asked for the pleasure per glockenspiel e chitarra. Sono momenti isolati di un album che non si distoglie eccessivamente dagli stereotipi del filone e che personalmente mi sentirei di consigliare solo agli stretti appassionati del genere. (Paolo Cattaneo)

Yearning (Video)



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