lunedì 25 marzo 2013

QUANAH PARKER, Quanah!


Un debutto inatteso e lungo 30 anni. Sì, perché i veneti Quanah Parker non sono un gruppo alle prime armi ma una di quelle band che arriva ad un primo full lenght dopo anni di militanza sulle scene, seppur spezzata da cambi frequenti di line up e da stop and go continui. Ripartenze e frenate che si sono susseguite dal 1981 ad oggi. In quel periodo nascono i primi Quanah, era new prog per eccellenza in cui la band di Riccardo Scivales si rispecchia però in minima parte. Difatti la band non pare prediligere soluzioni care ad Iq o Marillion ma hanno un approccio più vicino all’art rock settantiano di Yes e Genesis, rivisti con arrangiamenti ben radicati nel nostro tempo. La stabilità degli ultimi anni ha dato la possibilità di pubblicare questo Quanah!, un album che unisce pezzi scritti parecchi anni fa con altri più recenti, il tutto con una continuità stilistica che non ha risentito del passare dei decenni. Scivales, fondatore del gruppo, ha un background di impostazione classica e si esprime attraverso passaggi melodici di indubbia presa ma anche figli di uno studio e di una preparazione invidiabile. Scivales dimostra di aver appreso la lezione di Rick Wakeman spogliandola di orpelli a favore di una forma canzone che sappia mettere in luce anche le sue doti di autore e non solo di strumentista. Un po’ come ha dimostrato di saper fare un altro grande tastierista, italiano e contemporaneo, Alex Carpani, grandissimo musicista molto attento alla fase compositiva. Di spessore è la sezione ritmica affidata alla batteria di Paolo Ongaro, tentacolare nei molteplici tempi dispari che si sviluppano lungo il platter e il suo fidato compagno di scorribande ritmiche, il bassista Giuseppe Di Stefano, anima jazz e cuore pulsante rock. La voce di Betty Montino, istrionica e capace di raggiungere picchi altissimi, è il vezzo su cui si reggono parecchi momenti di questa opera prima, con brani che paiono proprio cuciti per la sua ugola come Sailor song, brillante brano dall’attitudine moderna ma debitore del passato, Quanah parker, traccia complessa ma affascinante e raffinata o ancora Silly Fairy Tale, fantasiosa e delicata.La chitarra di Giovanni Pirrotta si incastra benissimo all'interno di un suono pensato prevalentemente per le evoluzioni tastieristiche del leader, soprattutto grazie a frasi ritmiche piuttosto efficaci che mettono in luce le sue capacità. Di ottimo livello si trovano anche pezzi come The Garden awakes, fluida cavalcata progressiva e Limits of the sky che mostra anche un gradevole tocco pop. I Quanah hanno lavorato per arrivare a questo disco e ci sono giunti con consapevolezza e volontà di esprimere un sound che li accompagna da 3 decenni. Il primo passo è stato fatto, ora sta alla band trovare la via della continuità che purtroppo in passato è mancata per troppo tempo. (Luigi Cattaneo)

Al seguente link è possibile ascoltare un piccolo estratto live di Sailor song

2 commenti:

  1. yeah...grande album....
    un saluto agli amici quanah

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  2. Grande luigi, sempre in prima linea con ottima musica...grazie.

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