mercoledì 11 settembre 2013

L'IMPERO DELLE OMBRE, I Compagni di Baal (2011)

Il Salento, da sempre ricordato per le sue bellezze paesaggistiche, per il mare, il sole, il vino, la pizzica e negli ultimi anni per alcune band che, partite dall’indie rock hanno raggiunto uno status nazional-popolare non indifferente come Negramaro e Apres La Classe, dona luce (nera) al progetto di due fratelli, Giovanni “John Goldfinch” e Andrea Cardellino, rispettivamente voce e chitarra di L’impero delle Ombre. Dopo l’omonimo debut del 2004 e un rimpasto di formazione i salentini tornano con un album meglio sviluppato ed articolato, che pur non facendo gridare al miracolo per originalità, si lascia ascoltare con piacere per buona parte della sua durata. A completare la nuova line-up ci sono Dario Petrelli alla batteria, Fabio Oliveti al basso e Oleg Smirnoff alle tastiere (già con Death SS, Eldritch e Vision Divine). I compagni di Baal è un concept album ispirato ad un noto sceneggiato francese del 1969 diretto da Pierre Prèvert che mostrava una Parigi oscura e malefica in cui operava questa setta segreta adoratrice del Dio Baal. Le atmosfere gotico-noir della storia ben si adattano a quelle dei fratelli Cardellino che si adagiano su soluzioni dark metal dalle tinte ora doom ora più velatamente progressive, soprattutto per certi suoni di tastiera rigorosamente vintage. Ed è proprio Smirnoff a proiettarci con un intro che riprende la sigla originale dello sceneggiato alla prima traccia, Diogene, ottima per aprire l’album grazie ad un bel riff di stampo heavy che sorregge l’intera costruzione del pezzo, su cui si innesta la voce perentoria di Giovanni Cardellino. Il moog dialoga con la chitarra nel break centrale dal sapore progressive, salvo poi lasciare spazio alla veemenza tipica della band, sino alla chiusura dove si inserisce una parte dialogata dello sceneggiato stesso! Il dark metal segna Divoratori della notte, episodio che profuma di Paul Chain (ex chitarrista dei Death SS) e che esplode in una cavalcata heavy nella seconda parte. Ciò che convince maggiormente di questo brano è il sapiente uso delle tastiere a disposizione di Smirnoff e la sezione ritmica piuttosto efficace, anche se, è bene dirlo, lo sguardo è molto rivolto al passato (ma in questo caso funziona eccome). Toni più pacati e riflessivi nella successiva Ballata per Liliana, classica ballad fortemente malinconica e con un chorus piuttosto facile da memorizzare. Buoni i momenti solistici affidati ad Andrea Cardellino (migliorato tecnicamente rispetto al primo album) e Smirnoff, che fin qui sono stati grandi protagonisti del lavoro. Decisamente più ritmata L’oscura persecuzione. I salentini creano un wall of sound di grande impatto che viene appena ammorbidito dall’organo hammond di Smirnoff, bravo nel fungere da contraltare ad un durissimo riff di Andrea Cardellino (che richiama ancora una volta alla mente Tony Iommi). Buono anche il finale strumentale di estrazione seventies che potrebbe essere una soluzione in più anche per il futuro della band stessa… Cosmochronos molto probabilmente è stata pensata per la dimensione live, carica e trascinante, suona come un episodio molto diverso rispetto agli altri. Connotati più consoni al resto del platter è Sogni di dominio, vibrante dark song molto vicina al suono dei Death SS, complice anche la prova maiuscola di Smirnoff, che acuisce ancor di più la maggior capacità di songwriting rispetto al passato grazie a dei tappeti sonori davvero curati. La caduta del conte di St. German è un doom nerissimo e oscuro, avvolgente e sinistro, sospinto dal moog e dall’uso della voce più aggressiva e minacciosa da parte di Giovanni Cardellino, che chiude idealmente il concept album. Tutti i colori del buio è l’outro strumentale finale che omaggia nel titolo un thriller italiano di culto del 1972 girato da Sergio Martino. Nell’edizione in cd si trova poi una riuscita cover di un classico dei Black Sabbath, Snowblind, giusto per chiarire una delle fonti ispiratrice del nero suono del quintetto. L’idea di musicare uno sceneggiato televisivo risulta affascinante e l’album appare evocativo e riesce nell’intenzione di catturare le sinistre atmosfere dell’opera francese attraverso una narrazione filmica efficace. Sicuramente c’è stato un passo in avanti rispetto all’esordio discografico e convincono molto le atmosfere noir di cui è pieno il disco e i passaggi più progressivi dettati dalle tastiere di Smirnoff. Opera di buona qualità che può essere il preludio per una definitiva e più concreta conferma. (Luigi Cattaneo)

Diogene (Video)

Il Martino e alla sua pellicola "Tutti I Colori Del Buio", meraviglia del cinema di genere

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