Dall’incontro tra membri di Yugen, Ske e La Coscienza di Zeno nasce questo nuovo progetto a nome Not a Good Sign sotto l’egida della prolifica e spesso straordinaria AltrOck Records. Un’unione tra alcuni dei migliori ensemble degli ultimi anni che mi ha destato da subito profonda curiosità, ripagata da uno dei risultati più interessanti del 2013. Il progetto vede la partecipazione di Francesco Zago alla chitarra, Paolo “Ske” Botta alle tastiere, Alessio Calandriello alla voce, Gabriele Guidi Colombi al basso e Martino Malacrida alla batteria. Se i primi 2 si sono sempre distinti per un lavoro di modernizzazione del progressive vi è un contraltare sinfonico e fascinosamente vintage che invece vede protagonisti Calandriello e Colombi con La Coscienza di Zeno e che qui porta ad ottenere risultati a dir poco strabilianti. L’immaginario della band è quello che si coglie ascoltando i vecchi dischi di mostri sacri come Van Der Graaf Generator e King Crimson, a cui vengono distillati con sapienza spore hard e psichedeliche che profumano di Porcupine Tree. Ne viene fuori un album per niente passatista ma attuale nella sua prospettiva di rivitalizzare un genere che ha ormai superato i 40 anni di vita. Qui c’è di tutto un po’. Botta con le sue tastiere (Mellotron in testa) incanta non solo per capacità tecniche ma anche per l’attenzione melodica con cui colora i brani, mentre Zago è la solita macchina di riff distorti e inquietanti. Le ritmiche intricate della coppia Colombi-Malacrida stupiscono e Calandriello sfodera a mio avviso la prestazione più convincente tra quelle che ho ascoltato su disco. I Not a Good Sign si muovono lungo un binario in cui far convivere in buona pace melodie azzeccate e mai insipide, sinfonismo che non sfocia nel grandeur e una leggera carica sperimentale che non può mancare in una release targata AltRock. Basta ascoltare le prime note di Almost (divisa in 2 parti) per rendersi conto di trovarsi tra le mani un disco superiore alla media: non c’e solo il virtuosismo fine a sé stesso (Botta docet) ma la reale volontà di creare, di fare arte. Certo la classe cristallina dei presenti aiuta ma non è solo questo. È la capacità di comunicare attraverso le note, di coinvolgere anche emotivamente l’ascoltatore a fare la differenza tra un disco valido e uno straordinario. I Not a Good Sign rientrano nella seconda categoria. Il lavoro andando avanti non mostra cadute strutturali e rimane sempre su altissimi livelli. Making Stills vive in una dimensione cinematografica, mentre la title track mette i brividi e si riallaccia a quanto fatto dai King Crimson e dai Van Der Graaf nella prima parte dei ’70, li cita ma non gli fa il verso, attinge da quel periodo ma lo fa con personalità e senza cadere nella citazione forzata. Bellissima la dark song Witchcraft by a picture in cui fa la sua comparsa alla voce Sharron Fortman (North Sea Radio Orchestra, Cardiacs), Bianca Fervidi al violoncello, che rende l’atmosfera ancora più drammatica e Maurizio Fasoli al piano. The Deafening Sound of the Moon ha giri hard rock su cui si innesta una vena psichedelica che non guasta. Non sono da meno l’ottima Coming back home, il prog dal taglio moderno di Flow On e la coda strumentale Afraid to ask. Ok, la perfezione non esiste, ma qui ci andiamo vicino. Disco prog rock dell’anno? (Luigi Cattaneo)
Making Stills (Video)
Making Stills (Video)
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