Il ritorno discografico
degli Agorà si inserisce alla perfezione nel contesto attuale di riscoperta di
certi suoni e di alcune band che con il passare dei decenni hanno raggiunto uno
status di culto che li fa amare da seguaci italiani e non. I marchigiani hanno
lasciato una loro traccia indelebile a metà dei ’70 con Live in Montreux e Agorà 2,
dischi di ottima fattura che se usciti qualche anno prima avrebbero forse avuto
maggiore risonanza. Album intrisi di fine jazz rock mediterraneo che con il
passare del tempo ha fatto breccia nel cuore dei tanti appassionati di band di
riferimento come Perigeo o Weather Report. Gli Agorà arrivano al nuovo Ichinen dopo essersi riformati nel 2000
per riproporre acusticamente il loro repertorio. In questi anni la formazione
si è andata ad allargare notevolmente e insieme a membri della line up
originale come Renato Gasparini (chitarra e voce), Ovidio Urbani (sax), Lucio
Cesari (basso) e Mauro Mencaroni (batteria) troviamo le new entry Maurizio
Mercuri (chitarra), Giovanni Ceccarelli (piano), Alessandra Pacheco (voce),
Gianni Pieri (violoncello), Massimo Manzi (batteria), Gabriele Possenti
(chitarra) e Karl Potter (percussioni). Una piccola orchestra che con il
passare delle stagioni ha mutato pelle e ha inserito elementi ora più
ethnojazz, ora più world, ora rigorosamente acustici, per un melting pot di
culture che richiamano di volta in volta atmosfere e situazioni diverse tra
loro. Ichinen presenta brani storici
riletti in chiave acustica e inediti, alcuni risalenti al 1978 e probabilmente
pensati per una terza uscita discografica. Dall’esordio arriva Serra San Quirico e subito si percepisce
il calore generato dall’interplay tra le chitarre acustiche della
preparatissima coppia Possenti-Gasparini, il tocco di Pieri e gli incisivi
interventi di Urbani. Più ritmata è la title track, vuoi per il lavoro di
Mencaroni, vuoi per il supporto percussivo di Potter che tanto profuma di
mediterraneo. Episodio interessantissimo perché gli Agorà estendono certi
confini senza tralasciare di far emergere la loro passione primigenia per il
jazz, che qui si concretizza grazie ai contributi di Urbani e Ceccarelli.
Notturna la successiva Sensei, con
piano e sax ancora in prima linea e la voce della Pacheco che dona ulteriore
profondità all’insieme. Il duo Gasparini-Possenti rivaleggia a colpi di
virtuosismo in Work in Progress,
mentre Star Strings ha un’atmosfera
più vicina agli Area, soprattutto per le soluzioni etniche apportate da Potter
e per le trame intricate del maestro Urbani. Mercuri sostituisce Possenti e
duella con Gasparini in Istante per
Istante, ma la qualità rimane la medesima. Puro ethnojazz in Tre Maggio, con la seguente Oceano che invece ha una struttura
apertamente più classica, in particolare per il piano jazz di Ceccarelli. Wood of Guitar vede Possenti
primeggiare, mentre Progressive Suite è
un furente esempio di fusion e prog che non potrà che fare la gioia di chi ha
sempre nel cuore le sonorità settantiane. Tra Canterbury sound e jazz rock si
muove Costa dell’est e un medley di Piramide di Domani/Cavalcata Solare (da Agorà 2) chiude un come back raffinato,
capace di far rivivere lo spirito storico del gruppo senza rimanerne
imprigionato. Ritorno davvero di grande effetto. (Luigi Cattaneo)
Serra San Quirico (Live)
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