L’unione tra 2 mondi agli antipodi, quello
dell’illustre Johann Sebastian Bach e quello scalcinato del punk. Uno fiero
della complessità delle sue opere, l’altro a suo agio tra furia e
scarnificazione assoluta della musica. Ci prova ad integrarli a suo modo Johann
Sebastian Punk, un saltimbanco alfiere di eclettismo e provocazione. JSP è un progetto
dietro al quale si cela Massimiliano Raffa, autore che si dimena tra voce,
chitarra, flauto, violino piano e synth (tra cui il sempre affascinante mellotron),
coadiuvato da Lorenzo Boccedi (batteria), Simone Aiello (basso) e Giandomenico
Zeppa (piano, synth e clavicembalo), oltre che dalla produzione esecutiva di
Beatrice Antolini e Daniele Calandra. More
lovely and more temperate è l’esordio che cita Shakespeare e una serie di
sonorità che mescolate danno vita ad una ricetta decisamente poco usuale. L’intro
Exit funge da apripista per Vernal Equinox, traccia divisa in due,
con la prima parte molto rilassata e una seconda decisamente più elettronica e
ballabile, un pezzo che si contraddistingue anche per la bella prova solistica
di Amedeo Russo al sax. Jesus Crust Baked
ha un mood teatrale piuttosto accentuato, ora più drammatico ora più sinuoso ma
sempre ben suonato e con un arrangiamento davvero molto interessante. Yes, I Miss the Ramones è l’unico brano
punk rock tra i presenti ed è quello che mi ha convinto meno, molto meglio Barber’s Shops, uno dei momenti meglio
riusciti tra i presenti. L’intensità si manifesta al meglio, l’atmosfera si
tinge di anni ’70, con una coda progressive che si esprime attraverso cambi di
tempo e voli tastieristici che mostrano anche la bravura del gruppo nel creare
situazioni di volta in volta diverse. Un crossover di generi che prosegue con Intermezzo e The Well-Shorn Moufflon Paradox che tinge l’album di suadenti
visioni psichedeliche davvero da brivido, che si scontrano con frammenti prog,
free e pop! White è invece più vicino
alla dark wave, ha una bella spinta elettronica e la presenza di Tony Faith al
basso, che presta le quattro corde anche nella successiva Rainy Spell, quasi un omaggio al pop inglese dei mai troppo
celebrati Suede. In territorio wave si trova Strontium, dominata da fasi elettroniche e riff di chitarra secchi
e decisi, mentre il finale di Enter è
la chiusura magniloquente che ci si può attendere da tanta varietà, con un
chorus di facile assimilazione e l’abbellimento dato dall’utilizzo di
violoncello e clarinetto suonato da Calandra (ex Addamanera, band autrice di un
interessante rock psichedelico). More
lovely and more temperate è un debut curioso e pieno di idee, a volte meno
focalizzate di quanto dovrebbero, ma il risultato è a tratti sorprendente e
consigliato a chi ha la voglia di imbattersi in situazioni solo in apparente
contrasto tra loro. Un disco libero, senza schemi prefissati e che mostra un
compositore dalla forte personalità. (Luigi Cattaneo)
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