(omaggio con pittura acrilica e china su vinile ad opera di Lorena Trapani)
Gruppo brianzolo già attivo in ambito beat con il nome Gli Aspidi (pubblicarono nel 1971 il brano Forse amore non è sulla compilation Nuovi complessi d’avanguardia da Radio Montecarlo), i Ricordi d’infanzia non hanno mai raggiunto popolarità e fortuna commerciale e sparirono dopo aver pubblicato il loro unico album Io uomo nel 1973. Dopo aver cambiato nome nel più consono (per il genere) Ricordi d’infanzia riuscirono nel 1972 a partecipare ad un tour con gruppi più quotati come i Pooh e Le Orme e ad arrivare l’anno successivo alla realizzazione del disco in questione. Si tratta di un lavoro di discreta fattura dal punto di vista musicale anche se è bene dirlo privo di originalità e per di più poco interessante e in alcuni passaggi anche banale dal punto di vista testuale (è un concept sulla creazione del genere umano).
Si inizia con la strumentale Caos, introduzione dai tratti hard che si sviluppa nella seguente Creazione, retaggio di un passato beat piuttosto recente e che pecca per una melodia davvero troppo scontata. Eden si muove in bilico tra il rock dei New Trolls (o almeno li ricorda nell’utilizzo dei cori) e una sincera propensione hard dettata dalla verve del batterista Antonio Sartori e dalla chitarra di Franco Cassina. Il pianoforte di Maurizio Vergani introduce 2000 anni prima, uno dei momenti più convincenti dell’album, complice il pathos (s)offerto non solo dal gruppo ma anche dal cantante Emilio Mondelli, che a dire il vero, non convince appieno per tutta la durata del disco. Aggiunge poco la successiva Preghiera, altro episodio leggero e non del tutto soddisfacente che si “salva” grazie ai buoni passaggi strumentali proposti da Cassina, unica nota positiva del brano. Le ultime composizioni sono quelle più complesse dell’intero disco: si fa apprezzare Morire o non morire, capace di avvolgere l’ascoltatore grazie alla forte presenza di riff hard in stile Rovescio della Medaglia, puntualmente sostenuti dalla sezione ritmica del già citato Sartori oltre che dal basso di Tino Fontanella. Inoltre Mondelli si rivela maggiormente a proprio agio in un brano che lascia da parte la facile melodia e si abbandona ad un’inaspettata irrequietezza di fondo. Anche 2000 anni dopo è vicina a stilemi hard già sentiti ma efficaci ai fini del pezzo, con Cassina e Vergani abili nel creare un valido dialogo tra chitarra e tastiere, sempre sorretto dal drumming di Sartori. Chiude Uomo mangia uomo il brano più vicino all’idea di rock progressivo del periodo e difatti unico a dilatarsi strumentalmente nella parte centrale (inutilmente) e in quella finale (decisamente meglio).
Anche se svalutato a tratti da melodie davvero scontate e piuttosto comuni e da testi poco validi Io uomo ha al suo interno dei buoni momenti, soprattutto nei frangenti più hard e legati alla citazione progressiva dei gruppi del momento, capaci di donare interesse per questo prodotto passato del tutto inosservato all’epoca della sua uscita. L’insuccesso del disco, causa anche una mancata promozione da parte della Fonit, porterà il gruppo a perdere Cassina e Vergani che verranno sostituiti da Gianni Bari e Ugo Biondi in modo da poter proseguire l’attività live fino al 1976, anno in cui il gruppo si scioglierà definitivamente senza aver avuto l’opportunità di tornare in sala d’incisione per un secondo lavoro.
Io uomo (Full album)
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