Dreamland
Mechanism è il debutto per Moonjune Records di Beledo e
conferma, se mai ce ne fosse bisogno, la qualità del rooster della label di
Leonardo Pavkovic. Supportato da alcuni straordinari interpreti della fusion e
del jazz progressivo (Lincoln Goines, Gary Husband, Tony Steele, Doron Lev,
Dewa Budjana e Rudy Zulkarnaen), il chitarrista dà sfoggio del consueto
virtuosismo richiesto dal genere ma qui abbinato ad una certa cura per la
composizione e l’interpretazione. In realtà Beledo si disimpegna
eccezionalmente bene anche al violino e alle tastiere (Fender Rhodes, minimoog
e pianoforte), creando di volta in volta il giusto interplay per amplificare il
dinamismo e la suggestione di un disco in cui il musicista sudamericano crede
fortemente. Si palesa una forte connessione tra elementi jazz, parti fusion e
partiture progressive, coordinate da un’ottima perizia strumentale e dalla
volontà di non restare incatenati in un unico binario, segno anche di una certa
ambizione e di doti di scrittura sopra la media, caratteristiche che faranno la
gioia di quanti già conoscono Beledo (membro tra l’altro anche della prog band
Circuline). L’album, pur nella sua complessità, risulta scorrevole e molto
fluido, con momenti ampiamente melodici e diretti (l’iniziale Mechanism sorretta dalle note del
violino ma anche l’estrosa Lucilla)
che gli permettono di essere comunicativo e non ripetitivo (esemplificativa è Silent Assessment). Il talento
dell’uruguaiano si evidenzia lungo tutto il percorso ed è difficile non
ammirare brani come la lunga Marylin’s
escapade o la conclusiva Front Porch
Pine, pezzi che partono dalla fusion per poi esplorare altre aree. Beledo
costruisce queste song con grande consapevolezza, distribuendo groove e tecnica,
jazz e prog, ritmiche compatte e soli impetuosi, motivo per cui gli amanti di
certa fusion progressiva non possono perdersi un lavoro come Dreamland Mechanism. (Luigi
Cattaneo)
Front Porch Pine (live)
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