Dopo So far, so close di cui ci siamo
occupati pochi mesi fa, torna uno dei fuoriclasse della scena indonesiana, il
tastierista Dwiki Dharmawan e lo fa con un doppio piuttosto ambizioso, Pasar Klewer. Per l’occasione Dwiki si è
dedicato al solo piano acustico, in una forma trio (con Yaron Stavi al basso e
Asaf Sirkis alla batteria) a cui si aggiungono di pezzo in pezzo diversi
musicisti di svariata estrazione e dal tocco profondamente mutevole, pescando a
piene mani sia dalla tradizione asiatica che da quella occidentale. Un
crossover appassionante tra culture e stili, capace di abbracciare la fusion,
il jazz rock e il progressive, come da sempre ci ha abituato la Moonjune di
Leonardo Pavkovic, produttore insieme a Dharmawan di questo lavoro registrato a
Londra. Il trio si muove benissimo e mostra un grande affiatamento, base
fondamentale su cui si inseriscono alla perfezione gli ospiti presenti nel
disco, tra cui spiccano in particolare Mark Wingfield (chitarrista jazz ma dal
taglio sperimentale), Nicolas Meier (chitarrista nel team di Jeff Beck) e Gilad
Atzmon (maestoso al sax e al clarinetto). Tutti gli special guest hanno però
dato il loro importante contributo per la realizzazione di uno dei dischi più
belli degli ultimi anni dell’etichetta di New York, ottimo esempio di come
coniugare tradizioni locali e jazz, senza dimenticare la lezione di leggende
come Soft Machine o Henry Cow. Dwiki non fa altro che confermarsi come uno dei
maggiori talenti della sua generazione anche a livello compositivo (basti
ascoltare la fantasiosa Frog dance, in cui va sottolineato lo splendido
lavoro di Meier all’acustica e Atzmon al sax o Spirit of peace con Meier stavolta al glissentar e Atzmon al
clarinetto). Ed è un vero peccato che dopo più di trent’anni di carriera qui in
Europa non sia ancora conosciuta come dovrebbe la sua figura, importantissima
per capire gli sviluppi culturali di una popolazione affascinante e che ha
molto da dire anche in campo musicale (vedi i trasversali Simak Dialog o il
guitar hero Dewa Budjana, giusto per citarne un paio). Il tastierista continua
con Pasar Klever il suo lungo
percorso alla ricerca di espressioni musicali contemporanee ma che abbiano uno
sguardo sul passato; da qui l’utilizzo di percussioni (le Gamelan e le Kendang
di Aris Daryono) che incontrano strumenti a fiato e chitarre (con il voluto
dualismo tra Wingfield e Meier, due musicisti dal differente background).
Difatti l’album di distingue proprio per la mescolanza tra segni distintivi di
matrice popolare e altri di natura europea, elementi dell’arcipelago
indonesiano che vengono filtrati da chi appartiene ad altre culture (tra questi
anche l’italiano Boris Savoldelli alla voce nella corale London in June in cui partecipa di nuovo Meier al glissentar e
nella rivisitazione di A forest di
Robert Wyatt, dove compare invece Wingfield). Le radici di Dwiki e l’amore per
il jazz vivono nella lunga title track, esempio lungimirante di come suoni che
rimandano a virtuosi che rispondono al nome di Chick Corea o McCoy Tyner
possano incontrarsi con le distorsioni di Wingfield. E non sono da meno Tjampuhan, 13 minuti di fusion
progressiva in cui Atzmon al sax si destreggia benissimo come al solito e Li llir, un traditional arrangiato
divinamente da Dharmawan. L’interplay del trio si amalgama con il fraseggio di
tutti gli interpreti chiamati in causa, merito anche delle doti di scrittura
già riconosciute al leader e seguite a ruota da quelle della sezione ritmica,
che firmano insieme al tastierista la già citata London in June, mentre Sirkis è l’autore unico di Life it self, pensata per la chitarra
satura del buon Wingfield. Pasar Klever è
un progetto grandioso, magistralmente costruito nelle sue parti così variegate
e piene di energia, un risultato di cui Dwiki deve andare fiero e che merita di
essere apprezzato anche qui dai suoi confini nazionali. (Luigi Cattaneo)
Pasar Klewer (Live at the Bali world music festival)
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