Nati nel lontano 1994
come cover band dei Marillion era Fish (influenza ancora presente), i Marygold
arrivarono al debutto nel 2005 con The
Guns of Marygold, disco ben accolto dalla critica di settore. Dopo un lungo
periodo lontano dalle scene, la creazione di nuovi pezzi e la supervisione di
Fabio Serra nei suoi Opal Arts Studios ha portato alla pubblicazione del
recente One Light Year, un ottimo
come back che riporta in auge un nome, come tanti, dimenticato nel tempo (anche
se vi è traccia sull’opera Rock
Progressivo Italiano 1980-2013 di Massimo Salari di recente uscita). Il
loro new prog d’annata risente di tutte le influenze di fine ’80 inizio ’90 ma Guido
Cavalleri (voce e flauto), Massimo Basaglia (chitarra), Stefano Bigarelli
(tastiere), Marco Pasquetto (batteria) e Alberto Molesini (basso) sono stati
davvero egregi nel creare un platter sofisticato, elegante e malinconicamente
sognante, capace di trasportare indietro nel tempo, in quei giorni in cui il
movimento traeva imput proprio da album come Script for a Jester’s tear e Misplaced
childhood. Il disco si mostra maturo e ciò si evince da sette composizioni
corpose e affascinanti, elaborazione di un songwriting curato e di doti
esecutive di rilievo. Ants in the sand
apre in maniera assolutamente classica il lavoro, un concentrato di new prog
che farà la felicità di quanti ancora rimpiangono quel periodo, episodio in cui
compare anche la brava Irene Tamassia, abile nel duettare con Cavalleri. Anche 15 years non si discosta da certe
pulsioni, mentre Spherax H20 mette in
luce tutte le qualità del quintetto, sintesi ideale di un percorso lungo e con
meno soddisfazioni di quante potevano essere, situazione comune a tanti gruppi
meritevoli di maggiore supporto. Travel
notes on Bretagne conferma l’attitudine romantica del prodotto e riesce a
mantenersi su livelli alti anche dopo un rilevante trittico iniziale, a cui
segue il bel passaggio strumentale di Without
stalagmite, strutturato e dinamico. Ci avviciniamo alla conclusione
dapprima con Pain, ancora vicina ai
vari Iq e Twelfth Night e poi con Lord of
time, altro pezzo che racchiude le varie anime e sfaccettature di un
ensemble che fa del suo essere vintage un vezzo, che non cerca novità per
compiacere ma sa dove andare a colpire con classe per emozionare i prog fans
più nostalgici. (Luigi Cattaneo)
Lord of time (Video)
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