domenica 21 aprile 2019

KARFAGEN, Lost Symphony (2011)


Arrivano dalla lontana Ucraina i Karfagen di Antony Kalugin (approdati qualche anno fa in Italia per un bel concerto in quel di Veruno), attivi dal 2006 e fieri portatori di un sound sinfonico e dai tratti vintage. La produttività della band non ha leso la capacità di comunicare e di creare brani che intrecciano stili differenti, in un connubio tecnicamente ineccepibile in cui gli arrangiamenti risultano eleganti e le aperture sinfoniche si sposano con altre più roboanti e rock. Lost symphony era un lavoro del 2011 e si toccava con mano la fluidità di esecuzione e la classe del gruppo, con Kalugin bravissimo nel creare con le sue tastiere sonorità ora più dinamiche ora più magniloquenti, su cui si adagiava Alexander Pavlov, autore di miraboli interventi sia con la chitarra elettrica che con quella acustica. In China Wizard emerge l’amore del leader per Pat Metheny, una delle influenze da lui più volte citate, che viene “sporcato” con le sue immancabili tastiere. Brano gradevole ma che pare più un esercizio di stile. Sylph continua a citare il chitarrista americano ma lo fa inserendo spunti più progressive e il risultato è maggiormente interessante. Le due tracce che animano realmente il disco sono però le due lunghissime suite che si trovano nel finale, Journey through the looking glass e Symphony of sound, che sfiorano entrambe i 20 minuti. C’è tutto il sound dei Karfagen, una sorta di enciclopedia di quello che è stato il progressive dagli anni ’70 ad ora. Kalugin è la guida di una tribù che guarda ai Camel e li annaffia di Flower Kings, spruzza jazz rock in piccole dosi, tempi dispari e assoli vorticosi. Si abbevera di suoni hard per centrifugarli e adagiarli vicino a quelli degli Happy the Man, salvo poi voltarsi a guardare cosa succedeva nella scena di Canterbury e che cosa pensavano gli Hatfield and the North. Non contenti decidono di andare a pescare in Olanda, in casa Focus, e di mostrare come il progressive rock strumentale possa a distanza di quarant’anni ancora incantare. Dall’Ucraina all’Inghilterra, passando per America ed Europa, i Karfagen fanno il pieno di influenze, per un album apprezzabilissimo soprattutto da chi ha ancora nel cuore tali sonorità. (Luigi Cattaneo)

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