Composto nell’inverno
2020/21, periodo nero per i lockdown da Covid 19, Il bene comune dei Ghost Horse è un
lavoro nato grazie a scambi digitali e incontri dal vivo, che hanno dato vita
ad un album dove le anime di Dan Kinzelman (sax, clarinetto), Filippo Vignato
(trombone), Glauco Benedetti (tuba, tromba, eufonio, flicorno), Gabrio Baldacci
(chitarra), Joe Rehmer (basso) e Stefano Tamborrino (batteria) si sono unite
prediligendo una certa libertà d’espressione. Il jazz per noi è un approccio, non è né
un genere specifico né uno stile. Ci interessa mettere in dialogo fra loro
linguaggi e culture musicali differenti, lasciando ampio spazio al rischio e
all'imprevedibilità. Ci sentiamo uniti dalla volontà di esplorare soluzioni
musicali atipiche e poco accomodanti, cercando di mettere in discussione i
ruoli tradizionali dei vari elementi in gioco, sia che si tratti del ruolo dei
musicisti o degli strumenti all'interno dell'organico specifico, sia che si
tratti dell'utilizzo e del montaggio di varie influenze o usanze sonore.
Un
modo di agire espresso dal gruppo che ritroviamo in brani come Q e Ebo, in cui si denota come il sestetto sia riuscito
ad orientarsi all’interno di strutture complesse e di non facile assimilazione,
quelle di Warsaw, con la sua buona dose
di sperimentazione, e della title track, scandita da un loop dove si innestano
con maestria le trame sviluppate da ogni musicista, in un vortice di jazz,
avanguardia e improvvisazione, finale di un lavoro onirico e audace. (Luigi
Cattaneo)
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