L’unione di intenti,
l’incontro che diviene capacità di comprendersi, lo spirito collaborativo atto
alla creazione, aspetti che diventano essenziali quando si decide di sviluppare
processi aperti e contaminati. Sotto quest’ottica va letto Afrofulu,
dove troviamo Marco Bernacchia ed Edoardo Grisogani dare vita ad una combo che
mette insieme elettronica, trance ed etnica africana, un connubio artistico
palpitante, già sperimentato nel 2014 con Cave Man, in cui Above the
Tree ha vestito i panni del produttore artistico, lavorando al disco partendo
da registrazioni di beat e ritmi ad opera di Grisogani e di Luca Rizzoli. Ne
viene fuori così un lavoro fortemente contemporaneo, dove la partitura
elettronica viene arricchita da ritmi afro beat, oltre che da sample vocali di
canti tradizionali dei popoli sub-sahariani ed estratti di discorsi pubblici
fatti da Malcom X e Martin Luther King, un’apparente follia che però funziona,
come spiegano i protagonisti del progetto. Afrofulu significa letteralmente
afro spazzatura. Nasce dall’idea di realizzare registrazioni casuali di
batteria per poi rimontarle utilizzando come riferimento estetico un
immaginario legato alle corse d’auto clandestine, alle nuvole di sabbia, alle
gare di macchina truccate in maniera artigianale, alle foreste tropicali, ai
graffiti scoloriti, con forti riferimenti al collasso occidentale. Una sorta di
Blade Runner nelle sabbie, che parte dal Niger e arriva nelle discoteche afro
del mare Adriatico, con riferimenti alla nu-club, alla trance e alla techno
anni ’90. (Luigi Cattaneo)
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