Un ritorno che non può non far felici gli amanti di progressive. Difatti tornare in pista a distanza di ben 16 anni dalla pubblicazione del disco dal vivo Buried Alive, sintesi dei due precedenti dischi in studio, Hybris ed Epilog, da subito divenuti classici e farlo in maniera così convincente può a tutti gli effetti essere un bel biglietto da visitare per ripresentarsi ad un pubblico che li ha sempre molto sostenuti. Nel nuovo Viljans Oga, formato da quattro lunghissimi brani, gli svedesi coniugano i riferimenti al classico prog di matrice sinfonica con aperture degne dei King Crimson e una vena romantica vicina ai Genesis oltre che citare in alcuni passaggi quanto fatto in passato dagli americani Cathedral e dai francesi Shylock, due gruppi indispensabili di cui si è sempre parlato troppo poco. Il tutto viene proposto in chiave puramente strumentale ed è facile rimanere ammaliati dalla cura per il singolo dettaglio e dagli interventi così ricchi di pathos di Thomas Johnson alle tastiere (mellotron in particolare),Anna Holmgren al flauto e dalle acrobazie chitarristiche di Jonas Engdegard. Pur non trovandoci di fronte ad un disco di facile assimilazione gli Anglagard riescono nell’intento di costruire atmosfere e melodie intense e piene di forza e tensione drammatica che coinvolgono l’ascoltatore sin da subito. Nell’oretta scarsa di questo Viljans Oga ritroviamo tutto l’universo sonoro della band e anche di più. Momenti di pura inquietudine, mood maliconico, virtuosismi mai banali, cambi repentini di atmosfera, frasi strumentali utilizzate come memorabili chorus, complessi tempi dispari. A detta di chi scrive questo è un ulteriore passo in avanti nella carriera della band e un risultato finale così incantevole non può lasciare indifferenti. (Luigi Cattaneo)
Ur Vilande (Video)
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