Qualche anno fa, nel mio negozio di dischi preferito, mi sono imbattuto in questa fantastica ristampa prodotta dalla Akarma, casa discografica specializzata nel riproporre vecchi cd anni 70 di progressive ed altro.
Con piacere ho scoperto una delle formazioni inglesi più interessanti di jazz rock dei primi anni 70. Ed è proprio di jazz rock, seppur influenzato dal folk, da qualche "spruzzo" di psichedelia, e dal rock , che si parla: oggi probabilmente potremmo parlare di gruppo progressive o di "canterbury sound", ma io sono più legato a questa definizione, che ne esplica maggiormente le caratteristiche sonore.
Tutto l'album è infatti dominato dalle inflessioni jazzistiche del fiatista-cantante Dave Klowles (flauto traverso, sax soprano e tenore, clarinetto) e dalle tastiere di Paul French (a suo agio sia al pianoforte sia all'organo Hammond), i quali sono anche i principali compositori dei brani.
I due pezzi chiave dell'album sono Don't make my cry e You make my Jelly Roll, rispettivamente la traccia numero tre e cinque dell'album: nel primo caso il brano si apre con degli accordi di Hammond ed uno splendido solo di sax di Klowles, il tutto sorretto da una splendida sezione ritmica (provate ascoltare lo splendido groove di basso suonato da Chris Gavin), per poi sfociare in un canto appena sussurrato che diventa all'improvviso ieratico e viscerale; nel secondo caso la band ci vuole far assaporate spezie di smooth jazz con il suo incedere così rilassato e soft del piano che ben accompagna una voce lieve, ma all'occorrenza capace di ritagliarsi spazi da assoluto protagonista.
Il gruppo riesce spesso a cambiare ricetta sonora e, come ho inizialmente anticipato, in alcuni momenti si lascia trascinare sull'onda della psichedelia, come accade nella traccia iniziale, Just like Stone, dove le voci armonizzate odorano di west coast sound (Crosby, Stills, Nash and Young ) e le melodie si fanno ariose e più leggere.
Il finale è occupato da una suite divisa in due parti, Natural high pt I e II, interamente composte da French: in questo brano sono le sue tastiere che dettano le coordinate e spesso sono il veicolo ideale per le improvvisazioni fiatistiche di Klowles.
In conclusione consiglio vivamente di recuperare questa perla nascosta, che potrà piacere sia ai fan più accaniti del progressive anni 70 sia ai fan del jazz. Questo è un disco ancora fresco ed attuale, che non risente per nulla degli anni trascorsi e che può benissimo essere collocato tra i più blasonati prodotti del sound canterburiano di quel periodo (vedi "Hatfield and the north", "Caravan" o "Soft machine" ). Da ascoltare ad alto volume e con gli occhi chiusi! (Marco Causin)
You Make my Jelly Roll (Video)
You Make my Jelly Roll (Video)
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