sabato 11 ottobre 2014

BILL IN THE TEA, Big Tree (2013)


C’è spesso un certo fervore nei dischi d’esordio, soprattutto quando si tratta di una band giovane, dalle indubbie doti tecniche e forte di una solida freschezza esecutiva. È il caso specifico dei catanesi Bill in the Tea (Bruno Alessi al basso, Dario Anastasio alle tastiere, Andrea Antonuzzo alla chitarra, Vittorio Asero voce e chitarra e Giorgio Rosalia alla batteria) e del loro debut Big Tree (arrivato dopo l’omonimo ep). I siciliani ci lusingano con un viaggio quasi del tutto strumentale denso di atmosfere che rimandano alla stagione d’oro del progressive italiano e del jazz rock fusion americano, il tutto imbevuto di uno spirito post e in alcuni casi dark che non fa altro che rendere ancora più interessante la proposta. Che sa essere variegata e attuale pur prendendo spunto dal passato, mostrando la volontà di rimanere legati ad un certo periodo ma di non sentirsene per niente incatenati. E difatti i Bill in the Tea possono piacere ad un fan della Premiata Forneria Marconi come ad uno dei Giardini di Mirò. Lo sguardo si posa in modo disinvolto su realtà ancora oggi considerate trasversali come King Crimson, Happy the Man e Return To Forever e brani trascinanti come la malinconica Big Tree in a Losing Atmosphere, l’istrionica I wanna be Frank Zappa e la complessa Mad! sono lì a testimoniarlo. Una certa patina psichedelica e virtuose suggestioni jazz rock che rimandano alla P.F.M. di Jet Lag e al Perigeo stanno alla base dell’iniziale attacco di Now I Know What The M Means (resa ancor più significativa dalla presenza di Alessio Taranto al violino), mentre un certo affascinante mood darkeggiante sovrasta The Day Before e June, episodi in cui la band esplora situazioni maggiormente borderline e tende a volteggiare su confini post rock piuttosto immaginifici. È un album che appassiona, vivido, lucido, un susseguirsi di idee, spunti e trame dinamiche che conquistano o che comunque difficilmente lasceranno indifferente l’appassionato. Tra i brani più legati al progressive sicuramente la conclusiva e spettacolare Change Colours, contraltare dello sperimentalismo elettronico di Feynman. Esordio notevole e da scoprire con cura. (Luigi Cattaneo)

I Wanna be Frank Zappa (Video)


 

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