giovedì 25 giugno 2015

SIMUS, Vox Vult (2014)


Ottimo esordio per i comaschi Simus, che con questo Vox Vult dimostrano carattere e grandi doti individuali, oltre che capacità di scrittura e idee non da poco. L’ensemble si muove lungo più percorsi, citando il prog multiforme di Tool e Mastodon, l’alternative metal a stelle e strisce dei Dog Fashion Disco e il sound anticonvenzionale dei System of a Down. Tante piccole influenze che designano un sound attuale, fresco e di una certa potenza, in cui si denota già una certa maturità artistica, abilmente tradotta in cura per gli arrangiamenti e un bel bilanciamento tra le parti aggressive e quelle maggiormente atmosferiche. L’album scorre via in maniera fluida, con momenti davvero altissimi e sostenuti da un lavoro di produzione che dona ulteriore groove al debut. Pur essendo un disco ascrivibile al prog metal (anche se la definizione può essere fuorviante) la band non disdegna affatto passaggi legati al rock tout court, prediligendo un approccio di sintesi intelligente che ritroviamo lungo le trame sofisticate di tutto Vox Vult. Dopo l’introduzione di Giano, il gruppo “spara” la prima cartuccia, una title track nevrotica, un assalto frontale senza fronzoli, dichiarazione d’intenti che ci porta alla successiva Planet Caiak, un brano leggermente più morbido che vive su un mood darkeggiante di grande fascino. Intensità che si rispecchia nel lavoro ritmico di Denis Pace al basso e Luca Costanzo alla batteria, nelle distorsioni e nei solo di chitarra di Michele Perri e nell’interpretazione vocale di Mimmo D’elia. Mantis è invece l’unico brano cantato in italiano, un hard prog robusto ma denso di azzeccate melodie, mentre The Soulmaker rappresenta la summa delle caratteristiche in possesso del gruppo. Dopo tanta aggressività è la volta dell’armoniosa Bitter Taste, spirito da ballata e grande presa sonora, così come ФAKNP/FAKIR appare come una delle tracce di ispirazione crossover tra le più suggestive e riuscite. Anche Deus Vult colpisce per la forza e il dinamismo racchiusi in un involucro dai tratti oscuri, concetti condivisi pure nella seguente Requiem for my moon. Chiusura affidata alla validissima The Golden Pendulum of Babylon, finale perfetto per un debutto tra i meglio riusciti in ambito hard prog italiano di questi ultimi anni. (Luigi Cattaneo)

The Soulmaker (Video)

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