Ottimo esordio per i
comaschi Simus, che con questo Vox Vult dimostrano
carattere e grandi doti individuali, oltre che capacità di scrittura e idee non
da poco. L’ensemble si muove lungo più percorsi, citando il prog multiforme di
Tool e Mastodon, l’alternative metal a stelle e strisce dei Dog Fashion Disco e
il sound anticonvenzionale dei System of a Down. Tante piccole influenze che
designano un sound attuale, fresco e di una certa potenza, in cui si denota già
una certa maturità artistica, abilmente tradotta in cura per gli arrangiamenti
e un bel bilanciamento tra le parti aggressive e quelle maggiormente
atmosferiche. L’album scorre via in maniera fluida, con momenti davvero
altissimi e sostenuti da un lavoro di produzione che dona ulteriore groove al
debut. Pur essendo un disco ascrivibile al prog metal (anche se la definizione
può essere fuorviante) la band non disdegna affatto passaggi legati al rock
tout court, prediligendo un approccio di sintesi intelligente che ritroviamo
lungo le trame sofisticate di tutto Vox
Vult. Dopo l’introduzione di Giano,
il gruppo “spara” la prima cartuccia, una title track nevrotica, un assalto
frontale senza fronzoli, dichiarazione d’intenti che ci porta alla successiva Planet Caiak, un brano leggermente più morbido
che vive su un mood darkeggiante di grande fascino. Intensità che si rispecchia
nel lavoro ritmico di Denis Pace al basso e Luca Costanzo alla batteria, nelle
distorsioni e nei solo di chitarra di Michele Perri e nell’interpretazione
vocale di Mimmo D’elia. Mantis è
invece l’unico brano cantato in italiano, un hard prog robusto ma denso di
azzeccate melodie, mentre The Soulmaker
rappresenta la summa delle caratteristiche in possesso del gruppo. Dopo tanta
aggressività è la volta dell’armoniosa Bitter
Taste, spirito da ballata e grande presa sonora, così come ФAKNP/FAKIR appare come una delle tracce di
ispirazione crossover tra le più suggestive e riuscite. Anche Deus Vult colpisce per la forza e il
dinamismo racchiusi in un involucro dai tratti oscuri, concetti condivisi pure
nella seguente Requiem for my moon.
Chiusura affidata alla validissima The
Golden Pendulum of Babylon, finale perfetto per un debutto tra i meglio
riusciti in ambito hard prog italiano di questi ultimi anni. (Luigi Cattaneo)
The Soulmaker (Video)
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