Il Paradiso degli Orchi
(Marco Degiacomi alla batteria e alla voce, Andrea Corti al basso, Michele
Sambrici alla chitarra, alla voce e alle tastiere, Stefano Corti alle
percussioni, Sven Jorgensen alla voce e Andrea Calzoni al flauto e al sax) è
una giovane band bresciana che avevamo già conosciuto nel 2011 con un esordio
interessante ma ancora acerbo, utile però per farsi apprezzare dalla comunità
prog. Qualche anno fa il gruppo inizia a lavorare ad un progetto estremamente
affascinante, ossia un concept ispirato a Il
Corponauta, libro di Flavio Emer, scrittore affetto da distrofia muscolare
sin dalla nascita, che grazie ad un computer era riuscito a trasformare la sua
disabilità in comunicazione, arrivando a collaborare con Il Corriere della
Sera. Il Corponauta è la storia di un
pensiero che scende da un altro pianeta ed entra in un corpo disabile,
scoprendo che nonostante lo spirito voglia andare lontano ha bisogno in realtà
di quel corpo per poter produrre qualcosa da trasmettere agli altri. Tutto ciò
ha affascinato Fabio Zuffanti, che ha prodotto e ha lavorato a stretto contatto
con i musicisti per aiutarli a sintetizzare idee, definire le canzoni (alcune
davvero splendide) e scegliere i giusti suoni. La band ha trasferito con impeto
il fortissimo messaggio di Emer attraverso un sound debitore di Yes e King
Crimson ma anche dei più contemporanei Beardfish e Muse (soprattutto per alcuni
crescendo ad alto tasso emotivo). Ottima la partenza classica di Il mondo dei pensieri, lungo brano in
sintonia con un certo modo anni 70 di intendere il rock, seguita a ruota da una
title track leggermente innervata di hard e molto convincente. Calzoni si rende
protagonista in Silenzi, un sognante
tragitto che ci conduce alla soave Specchio
prima e alla psichedelia di Pioggia dopo,
brano questo debitore anche di P.F.M. e Banco del Mutuo Soccorso. Altro brano
di grande impatto è Volare via, con
Sambrici autore di una bella prova, così come dark e potente è La stanza dei ricordi, altra traccia
molto interessante. Anche Addio al corpo mostra
il lato più ruvido del gruppo, che però non perde in qualità ed efficacia e
torna su lidi prog rock con la successiva Il
volo. Deserto è invece un po’ la
summa di tutto il concept, 18 lunghi minuti che sintetizzano al meglio tutti
gli elementi che contraddistinguono la proposta dell’ensemble, tra momenti
strumentali intensi e lirismi sofisticati. Neppure Il gran finale scherza in quanto a minutaggio, altri 10 minuti
sontuosi e dai toni epici. Il Corponauta è
un ottimo ritorno, che farà la felicità di quanti amano certe sonorità vintage
ma sempre senza tempo. (Luigi Cattaneo)
Deserto (Video)
https://www.youtube.com/watch?v=tekM6uoA3-4
Deserto (Video)
https://www.youtube.com/watch?v=tekM6uoA3-4
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