domenica 2 ottobre 2016

IL PARADISO DEGLI ORCHI, Il Corponauta (2016)


Il Paradiso degli Orchi (Marco Degiacomi alla batteria e alla voce, Andrea Corti al basso, Michele Sambrici alla chitarra, alla voce e alle tastiere, Stefano Corti alle percussioni, Sven Jorgensen alla voce e Andrea Calzoni al flauto e al sax) è una giovane band bresciana che avevamo già conosciuto nel 2011 con un esordio interessante ma ancora acerbo, utile però per farsi apprezzare dalla comunità prog. Qualche anno fa il gruppo inizia a lavorare ad un progetto estremamente affascinante, ossia un concept ispirato a Il Corponauta, libro di Flavio Emer, scrittore affetto da distrofia muscolare sin dalla nascita, che grazie ad un computer era riuscito a trasformare la sua disabilità in comunicazione, arrivando a collaborare con Il Corriere della Sera. Il Corponauta è la storia di un pensiero che scende da un altro pianeta ed entra in un corpo disabile, scoprendo che nonostante lo spirito voglia andare lontano ha bisogno in realtà di quel corpo per poter produrre qualcosa da trasmettere agli altri. Tutto ciò ha affascinato Fabio Zuffanti, che ha prodotto e ha lavorato a stretto contatto con i musicisti per aiutarli a sintetizzare idee, definire le canzoni (alcune davvero splendide) e scegliere i giusti suoni. La band ha trasferito con impeto il fortissimo messaggio di Emer attraverso un sound debitore di Yes e King Crimson ma anche dei più contemporanei Beardfish e Muse (soprattutto per alcuni crescendo ad alto tasso emotivo). Ottima la partenza classica di Il mondo dei pensieri, lungo brano in sintonia con un certo modo anni 70 di intendere il rock, seguita a ruota da una title track leggermente innervata di hard e molto convincente. Calzoni si rende protagonista in Silenzi, un sognante tragitto che ci conduce alla soave Specchio prima e alla psichedelia di Pioggia dopo, brano questo debitore anche di P.F.M. e Banco del Mutuo Soccorso. Altro brano di grande impatto è Volare via, con Sambrici autore di una bella prova, così come dark e potente è La stanza dei ricordi, altra traccia molto interessante. Anche Addio al corpo mostra il lato più ruvido del gruppo, che però non perde in qualità ed efficacia e torna su lidi prog rock con la successiva Il volo. Deserto è invece un po’ la summa di tutto il concept, 18 lunghi minuti che sintetizzano al meglio tutti gli elementi che contraddistinguono la proposta dell’ensemble, tra momenti strumentali intensi e lirismi sofisticati. Neppure Il gran finale scherza in quanto a minutaggio, altri 10 minuti sontuosi e dai toni epici. Il Corponauta è un ottimo ritorno, che farà la felicità di quanti amano certe sonorità vintage ma sempre senza tempo. (Luigi Cattaneo)


Deserto (Video)


https://www.youtube.com/watch?v=tekM6uoA3-4

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