giovedì 20 ottobre 2016

FJIERI, Words are all we have (2015)


Torniamo a parlare di Stefano Panunzi, tastierista di cui abbiamo da poco analizzato i suoi due album da solista e che qui ci delizia con Words are all we have a nome Fjieri, creatura giunta al secondo disco (dopo Endless di ben sette anni fa) e nata dalla stretta collaborazione con il bassista Nicola lori (talento impegnato anche alla chitarra e alle tastiere). I musicisti coinvolti sono praticamente gli stessi presenti nei dischi a nome Panunzi, con un concentrato di classe ed eleganza notevoli (su tutti il grande Jakko Jakszyk, presente in quasi tutti i pezzi). I King Crimson d’altronde rimangono un punto di riferimento ma il songwriting dei due è oramai collaudato e si esprime attraverso un lavoro corale notevole in cui finezze compositive e cura del particolare sono aspetto imprescindibile. Non mancano momenti psichedelici o di matrice jazz, che non fanno altro che aumentare il range espressivo del gruppo lungo i quasi 70 minuti di questo come back. L’apertura è affidata alla strumentale Oriental dream, brano dove tutto funziona perfettamente e si inserisce in maniera notevole il sax di Nicola Alesini. L’ottima partenza viene doppiata da The city lights, dove invece di Alesini troviamo Mike Applebaum alla tromba, ma il risultato non cambia e mostra una scrittura sicura e raffinata come al solito. In Before I met you Cristiano Capobianco (batteria) forma una grande coppia ritmica con Lori, mentre Jakszyk sforna una prova sontuosa e marchia a fuoco uno dei brani maggiormente accostabili per mood alla produzione di Steven Wilson. Applebaum con la sua tromba disegna scenari affascinanti in Not waving but drowing, dove il jazz incontra un progressive moderno e che cerca di allontanarsi dagli stereotipi del genere. Molto sentita l’interpretazione di Jakko in It would all make sense, mentre Flame è la riproposizione di un vecchio brano del 1994 di Tim Bowness e Richard Barbieri e vede Applebaum donare ancora una volta un supporto importante. Molto interessante è la seguente Sati, un jazz rock elettronico in cui non viene dimenticata la lezione di Sylvian e che vede Applebaum dialogare con l’ambient guitar di Lori, prima del malinconico capolavoro di Hidden lives, un fantastico affresco con Alesini protagonista e Bowness (No man) a prestare la sua delicata ugola. Dopo tanta meraviglia ci si potrebbe aspettare un calo e invece i Fjieri colpiscono ancora nel segno con In the morning, che vede la partecipazione di Gavin Harrison (King Crimson, Porcupine Tree, Blackfield) alla batteria e Zombie love, un dark prog notturno e dai tratti gotici. Damages goods tiene alta la tensione prima del finale di Those words in cui ricompare Alesini a tratteggiare un progressive jazz rock ideale chiusura di un ritorno convincente e di grande gusto. (Luigi Cattaneo)

Album Teaser (Video)

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