Torniamo a parlare di
Stefano Panunzi, tastierista di cui abbiamo da poco analizzato i suoi due album
da solista e che qui ci delizia con Words
are all we have a nome Fjieri, creatura giunta al secondo disco (dopo Endless di ben sette anni fa) e nata
dalla stretta collaborazione con il bassista Nicola lori (talento impegnato
anche alla chitarra e alle tastiere). I musicisti coinvolti sono praticamente
gli stessi presenti nei dischi a nome Panunzi, con un concentrato di classe ed
eleganza notevoli (su tutti il grande Jakko Jakszyk, presente in quasi tutti i
pezzi). I King Crimson d’altronde rimangono un punto di riferimento ma il
songwriting dei due è oramai collaudato e si esprime attraverso un lavoro
corale notevole in cui finezze compositive e cura del particolare sono aspetto
imprescindibile. Non mancano momenti psichedelici o di matrice jazz, che non
fanno altro che aumentare il range espressivo del gruppo lungo i quasi 70
minuti di questo come back. L’apertura è affidata alla strumentale Oriental dream, brano dove tutto
funziona perfettamente e si inserisce in maniera notevole il sax di Nicola
Alesini. L’ottima partenza viene doppiata da The city lights, dove invece di Alesini troviamo Mike Applebaum
alla tromba, ma il risultato non cambia e mostra una scrittura sicura e
raffinata come al solito. In Before I met
you Cristiano Capobianco (batteria) forma una grande coppia ritmica con
Lori, mentre Jakszyk sforna una prova sontuosa e marchia a fuoco uno dei brani
maggiormente accostabili per mood alla produzione di Steven Wilson. Applebaum
con la sua tromba disegna scenari affascinanti in Not waving but drowing, dove il jazz incontra un progressive
moderno e che cerca di allontanarsi dagli stereotipi del genere. Molto sentita
l’interpretazione di Jakko in It would
all make sense, mentre Flame è la
riproposizione di un vecchio brano del 1994 di Tim Bowness e Richard Barbieri e
vede Applebaum donare ancora una volta un supporto importante. Molto
interessante è la seguente Sati, un
jazz rock elettronico in cui non viene dimenticata la lezione di Sylvian e che
vede Applebaum dialogare con l’ambient guitar di Lori, prima del malinconico
capolavoro di Hidden lives, un
fantastico affresco con Alesini protagonista e Bowness (No man) a prestare la
sua delicata ugola. Dopo tanta meraviglia ci si potrebbe aspettare un calo e
invece i Fjieri colpiscono ancora nel segno con In the morning, che vede la partecipazione di Gavin Harrison (King
Crimson, Porcupine Tree, Blackfield) alla batteria e Zombie love, un dark prog notturno e dai tratti gotici. Damages goods tiene alta la tensione
prima del finale di Those words in
cui ricompare Alesini a tratteggiare un progressive jazz rock ideale chiusura
di un ritorno convincente e di grande gusto. (Luigi Cattaneo)
Album Teaser (Video)
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