L’idea dietro il
concept di debutto dei Fluido Rosa è di riuscire a descrivere le dimensioni del
sogno, raccontare i viaggi che porta in dote la notte, un contenuto onirico che
può apparire concreto e confondersi con la realtà. Il gruppo ha ben miscelato
canzone d’autore, pop e progressive, con qualche puntata nella psichedelia
floydiana dettata dalla ventennale carriera come tribute band degli inglesi.
D’altronde il connubio tra frangenti più complessi e altri decisamente
immediati e melodici nasce anche in virtù del fatto che l’ensemble è composto sia
da musicisti di estrazione prog che da session spesso impegnati nel mondo della
musica leggera. La line up difatti è formata da Danilo Cherni alle tastiere
(Goblin Rebirth, Michele Zarrillo, Antonello Venditti), Maurizio Perfetto alle
chitarre (anche lui con Venditti e Zarrillo), Gabriele Marciano alla voce,
Adriano Lo Giudice al basso (Venditti, Zarrillo ma anche Patty Pravo), Derek
Wilson alla batteria (bravissimo interprete per Zucchero, Vangelis e del
compianto Keith Emerson), Roberta Lombardini alla voce e alla tromba (Little
Tony, Tormento) e Cristiana Polegri al sax e alla voce (Mario Biondi). Il disco
è di buona fattura e attinge proprio dal percorso personale dei musicisti
coinvolti, sia come stimati session che come cover band dei leggendari Pink
Floyd. I romani scelgono di puntare molto sulla forma canzone, ovviamente ben
suonata e arrangiata ottimamente da grandi professionisti del settore,
prediligendo in diversi momenti un approccio pop e cantautorale che sa essere
raffinato e suggestivo. Lungo gli 11 pezzi di Le vie dei sogni incontriamo quindi la fruibilità di Venditti, la
fantasia trasversale dei New Trolls, il tocco elegante dei Pooh e lo spirito
progressivo della P.F.M., elementi che si manifestano sin dall’iniziale DNA. Anche la title track non disdegna
certi riferimenti, colti pure nella successiva Example 10, così come puntano molto su melodie catchy Antitesi e IVST, brani che si insinuano sottopelle da subito. Strade è un altro momento ammaliante,
complice anche la voce della Lombardini, prima di Ipazia, forse la traccia più progressiva del disco. Molto sentita Lamento in morte di Garcia Lorca (stavolta
c’è la Polegri al microfono, anche lei impeccabile), curiosa invece Res viva, mentre La storia degli ultimi è una composizione che conferma l’attenzione
per frangenti delicati e tenui. Chiude la brevissima e acustica A Sylvia, epitaffio di un platter molto
gradevole e sicuramente legato alla canzone autorale più che al rock progressivo.
(Luigi Cattaneo)
Antitesi (Video)
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