L’instancabile Tohpati,
di cui ci siamo occupati in passato analizzando Tribal dance (uscito solo a suo nome) del 2014 e Live at Orion con i simakDialog del
2015, torna con i suoi Ethnomission dopo un’assenza di diversi anni (Save the planet risale al 2010).
L’indonesiano, come abbiamo visto, non è rimasto con le mani in mano (suonando
anche su diversi album di suoi colleghi) e ha collezionato conferme e critiche
positive un po’ ovunque, giudizi che non possiamo che confermare per l’ottimo
come back a nome Mata Hati, un disco
che farà la felicità di quanti conoscono il chitarrista e che ha le carte in
regola per conquistare gli appassionati di jazz rock e fusion sparsi per il
globo. Il tempo trascorso da Save the
planet ha dato ancora più consapevolezza al leader, che qui tocca uno dei
suoi massimi livelli, soprattutto per la qualità di pezzi come Janger (con la partecipazione della
Czech Symphony Orchestra) o Tanah Emas,
una doppietta iniziale esaltante. Il platter vive di momenti di grande tecnica
collettiva (completano la line up Indro Hardjodikoro al basso, Diki Suwarjiki
al flauto di bamboo e al clarinetto indonesiano, Endang Ramdan alle kendang
percussion e Demas Narawangsa alla batteria) a cui non viene mai meno il
feeling, una carica vibrante che attinge dalla coesione tra musicisti di
spessore che non dimenticano di alimentare il pathos con dinamismo e groove. Il
jazz è sì importante per capire come si muove il quintetto ma non bisogna
dimenticare il carattere potente di questi suoni, che giocano con il rock
etnico (fondamentale il ruolo di Ramdan e Suwarjiki) in nove tracce
avventurose, ambiziose e pulsanti. Tohpati si dimostra autore attento
nell’alternare frangenti di grande forza con altri più atmosferici, dando il
giusto risalto ai suoi compagni (coinvolgenti parti ritmiche e un accorato uso
dei fiati) e firmando un lavoro ingegnoso e con pochissimi cali. Eleganza e
vigore si spalleggiano e Tophati mostra tutta la sua creatività in brani
brillanti in cui l’estro compositivo denota attenzione per gli arrangiamenti e
un’elevata cura per fraseggi melodici, complici anche dei musicisti che seguono
le idee del leader e costruiscono ricche strutture in cui la musica assume
connotati in bilico tra elementi della cultura popolare indonesiana e
occidentale. Un equilibrio che solo chi ha tanta esperienza raggiunge (e
d’altronde il chitarrista è anche uno stimato session) e che Tohpati ha
maturato sul campo, raggiungendo un’abilità non indifferente nel calarsi in
contesti diversi. Qualità camaleontiche che rendono la sua proposta ancor più
interessante e fantasiosa e che finiscono per impreziosire un ritorno di
notevole fattura. (Luigi Cattaneo)
Janger (Video)
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