Una piacevolissima
sorpresa questi Warm Morning Brothers, che con A bunch of weeds firmano un album molto interessante in cui si
incontrano 50 anni di folk, un racconto che parte da Simon & Garfunkel,
tocca la classicità di Burt Bacharach e lambisce il contemporaneo dei Kings of
convenience e Dylan Mondegreen. Il disco si mantiene raffinato per tutti i 40
minuti circa di durata, con il duo davvero elegante nel combinare melodie
retrò, passaggi nostalgici (e qui gli archi giocano un ruolo non secondario),
vintage folk sessantiano e una cura smisurata per l’arrangiamento. Impossibile
citare tutti i musicisti coinvolti ma è bene sottolineare il vasto organico con
cui si esprimono i piacentini, che utilizzano per queste piccole perle folk pop
violino, viola, violoncello, sax, tromba, trombone, organo Hammond (e la lista
non è finita … ), tutti suonati da validi musicisti che fiancheggiano in
maniera fantasiosa i fratelli Modicamore (Simone e Andrea). Ogni aspetto
risulta così gradevole e funzionale allo scorrimento del platter, con alcuni
picchi come An ode to hella (cantata
da Isabella Varasi), la delicata Dull boy,
la suadente The moon on your lips e We’ll meet again (stavolta dietro al
microfono c’è Annie Barbazza), che non fanno altro che confermare quanto di
buono era emerso nelle precedenti produzioni. A bunch of weeds è un disco denso, ricco di chiaroscuri, capace di
oscillare tra lievi malinconie e bozzetti festosi e segna il passo più importante
della pur giovane carriera del duo piacentino. (Luigi Cattaneo)
Cumberland Street (video)
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