sabato 18 marzo 2017

WARM MORNING BROTHERS, A bunch of weeds (2016)


 
Una piacevolissima sorpresa questi Warm Morning Brothers, che con A bunch of weeds firmano un album molto interessante in cui si incontrano 50 anni di folk, un racconto che parte da Simon & Garfunkel, tocca la classicità di Burt Bacharach e lambisce il contemporaneo dei Kings of convenience e Dylan Mondegreen. Il disco si mantiene raffinato per tutti i 40 minuti circa di durata, con il duo davvero elegante nel combinare melodie retrò, passaggi nostalgici (e qui gli archi giocano un ruolo non secondario), vintage folk sessantiano e una cura smisurata per l’arrangiamento. Impossibile citare tutti i musicisti coinvolti ma è bene sottolineare il vasto organico con cui si esprimono i piacentini, che utilizzano per queste piccole perle folk pop violino, viola, violoncello, sax, tromba, trombone, organo Hammond (e la lista non è finita … ), tutti suonati da validi musicisti che fiancheggiano in maniera fantasiosa i fratelli Modicamore (Simone e Andrea). Ogni aspetto risulta così gradevole e funzionale allo scorrimento del platter, con alcuni picchi come An ode to hella (cantata da Isabella Varasi), la delicata Dull boy, la suadente The moon on your lips e We’ll meet again (stavolta dietro al microfono c’è Annie Barbazza), che non fanno altro che confermare quanto di buono era emerso nelle precedenti produzioni. A bunch of weeds è un disco denso, ricco di chiaroscuri, capace di oscillare tra lievi malinconie e bozzetti festosi e segna il passo più importante della pur giovane carriera del duo piacentino. (Luigi Cattaneo)
 
Cumberland Street (video)
 

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