Attivo dal lontano
1977, Sergio Caleca è un tastierista, compositore, chitarrista e bassista, che
gli appassionati conoscono soprattutto per la sua militanza negli Ad Maiora,
una piccola certezza del progressive italiano contemporaneo con due dischi
all’attivo (l’omonimo del 2014 e Repetita
Iuvant del 2016). Non tutti sanno che il bravo Caleca ha anche un
interessante e prolifica carriera solista sotto lo pseudonimo di habelard2 e
che questo Maybe è il terzo disco
pubblicato. Rispetto ai primi due episodi in cui il musicista si occupava di
tutti gli strumenti, in questo come back Sergio ha scelto di impegnare nelle
registrazioni amici della scena prog e il susseguirsi di membri di gruppi come
Maxophone, Phoenix Again, Alex Carpani band, Silver Key, Ubi Maior e addirittura gli Ad
Maiora al completo ha reso Maybe un
prodotto di grande qualità. Buona parte del disco è strumentale, un vintage
prog in cui Caleca si destreggia benissimo e che rimanda al periodo storico del
genere, con fantasiosi ricami canterburiani e soluzioni sinfoniche gestite con
maestria. Si parte con In a bell’s house,
sei eleganti minuti in cui il motore ritmico è affidato alla straordinaria
coppia formata da Antonio Lorandi dei Phoenix Again al basso ed Enzo Giardina
degli Ad Maiora alla batteria. Barlafus è
un brano dinamico in cui Giorgio Gabriel dei The Watch si prodiga in un bel
lavoro chitarristico, mentre in A lie fa
la sua comparsa Joe Sal alla voce, che insieme ad Ettore Salati alla chitarra
mi ha ricordato alcune composizioni dei Red Zen. Anche Waiting for a savior presenta una parte vocale, stavolta di
competenza di Alberto Ravasini dei Maxophone e rappresenta uno dei pezzi più
genesisiani tra i presenti, mentre la lunga Stress
è un progressive articolato ma attento all’aspetto melodico. Nella fase
centrale Caleca piazza due brevi momenti atmosferici, differenti dagli altri
brani, ossia Stringa e Chi era Laynson?, frangenti dove
predominano i synth del tastierista coadiuvato dal solo Moreno Piva (Ad Maiora)
al basso e il mood generale mi ha riportato alla mente le soundtrack di Fabio
Frizzi e il Morricone di Cosa avete fatto
a Solange?. Looking for an ashtray è
la traccia cantata (da Paolo Callioni, sempre degli Ad Maiora) che mi ha
convinto di più, seppure Caleca dimostra di dare il suo meglio in quelle
strumentali e Anonimo (di nuovo con
Antonio Lorandi) e soprattutto la stupenda title track (nove minuti dove
troviamo l’altro Lorandi, Sergio, sempre splendido alla chitarra), sono li a
confermarlo. Taste the end, lo dice
il titolo, chiude l’album (stavolta alla chitarra c’è Flavio Carnovali) in
maniera esemplare. Ci sono altri ospiti, tutti bravissimi, che non ho citato ma
che potete scoprire acquistando l’album tramite la pagina bandcamp del progetto
https://habelard2.bandcamp.com/album/maybe
. (Luigi Cattaneo)
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