domenica 26 agosto 2018

DARIO YASSA, Timeless (2017)

 
Quarto disco per Dario Yassa, pianista milanese che dopo tanto studio, tra conservatorio, borse di studio e seminari (tenuti da artisti come David Liebman, Uri Caine e Airto Moreira), ha trovato la via per esprimersi con continuità e qualità. Le collaborazioni con musicisti del calibro di Tony Arco, Attilio Zanchi (i più attenti lo ricorderanno nei particolari Maad nel lontano 1976), Franco Cerri, gli Artchipel Orchestra e l’Orchestra di Via Padova, hanno portato Yassa a sviluppare un sound che spazia dal classico al jazz ma non disdegna incursioni nel minimalismo e nell’elettronica, come conferma la bontà del nuovo Timeless, prodotto in trio con gli ottimi Cristiano Da Ros (contrabbasso, basso ed elettronica) e Riccardo Tosi (batteria ed elettronica). L’album è un viaggio fluente, pur nella sua complessità, con le ritmiche che seguono le note del leader, bravissimo nel disegnare scenari che si contraddistinguono per melodie oblique e fraseggi classicheggianti, esecuzioni che vengono sospinte dalla voglia di esprimersi senza avere particolari steccati. Da Ros e Tosi sono abili professionisti e l’interplay con il leader appare brillante e sicuro, un susseguirsi di frangenti che rimandano a mostri sacri come Bill Evans, Brad Mehldau, McCoy Tyner e Thelonius Monk ma anche a personaggi del calibro del compianto Luca Flores e dell’ancora poco conosciuto Mirko Signorile, a cui Dario applica una visione global, con innesti a volte vicini al mood della Ecm di Manfred Eicher. L’eleganza di tracce come Madness o 2’ Movimento sono rispettose della tradizione ma pongono un ponte con l’ambient minimal, segno che la musica di Yassa ha ulteriori sviluppi da seguire, un impressione confermata dagli ascolti e che pone questo come back in un’ottica differente rispetto ai lavori precedenti. L’approccio si è tramutato con il passare delle esperienze, sottolineando certe idee con punte elettroniche e improvvisazioni in odore di jazz rock, una maturazione del songwriting che ha reso Timeless un disco in cui pathos e disciplina vanno a braccetto e che sottolinea la crescita artistica dell’autore milanese. (Luigi Cattaneo)

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