domenica 5 agosto 2018

ERIO, Inesse (2018)


Secondo disco per Erio, cantautore che contamina elettronica distorta con pulsioni r’n’b e soul, atmosfere notturne che rimandano a personaggi trasversali come Tricky, Lauryn Hill, Björk e Frank Ocean. Inesse si nutre di commistioni, un crossover interessante e che tenta di essere il più personale possibile, già a partire dall’iniziale The biggest of hearts e prosegue con Limerance, pezzi in cui Erio si destreggia su beat ed effetti, senza tralasciare l’utilizzo di strumenti più tradizionali come il violino di Sofia Astarita e la chitarra di Filippo Cosci. Ritroviamo Orb e Autechre nei tre minuti di Becalmed, arricchiti dal singolare banjo di Federico Ciompi, mentre The glorious advance of the self-pitying queen è un ostica performance giocata sull’interplay tra violino e sax (suonato da Fabio Bisbocci). A glowing gash abbonda di elettronica e forse una struttura più snella avrebbe giovato alla traccia, prima di Brief history of se’ and fa’, impreziosita nuovamente dalla presenza lieve ma importante della Astarita, che sottolinea i passaggi di maggior pathos col suono peculiare del violino. Se’, I’m hungry. Those twelve days still linger on è un breve intermezzo che anticipa To the warehouse, buonissimo momento di soul cantautorale in cui compare anche il piano. Mutano le sensazioni in Kill it! Kill it!, anche per la presenza di Ioshi, che cura la parte fortemente elettronica della traccia, che risulta gradevole ma non aggiunge molto a quanto proposta sinora. Ci si avvicina al finale con Attic, altro brano dove emergono le tante anime dell’autore, con la conclusiva nenia etnica di The Church che chiude un album arduo, in cui Erio ha messo dentro tante idee, a volte non del tutto convincenti ma sempre curiose e studiate, una cura per il dettaglio elemento essenziale per fare la differenza e dare un risvolto internazionale ad un prodotto che può piacere più all’estero che nella nostra penisola. (Luigi Cattaneo)
 
The biggest of hearts (Video)
 
 

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