martedì 14 maggio 2019

MARK WINGFIELD, Tales from the Dreaming City (2018)


Prolifico come pochi autori, Mark Wingfield si è da sempre contraddistinto per lavori sperimentali, liberi da schemi prestabiliti, sfruttando una creatività visionaria che lo ha portato ad essere uno dei nomi di punta della Moonjune Records. Anche nel caso di Tales from the Dreaming City il chitarrista si è affidato alla superba sezione ritmica composta da Yaron Stavi (basso fretless) e Asaf Sirkis (batteria), entrambi già presenti nei precedenti The Stone House e Proof of Light (mentre in Lighthouse vi era presente il solo Sirkis), perfetti per sostenere Wingfield, musicista che non accetta paletti alla sua ricerca sonora. Le trame dell’iniziale The fifth window sono da applausi e le ambizioni del progetto si palesano nella progressiva vena di I wonder how many miles I’ve fallen, ma è tutto il disco a certificare il coraggio dell’artista, avventuroso pioniere senza limiti. La valida The way to Hemingford grey vede la partecipazione del bravissimo Dominique Vantomme ai synth (recuperate il suo Vegir), mentre la voglia di esplorare prosegue con Sunlight Cafe e l’articolato finale di The Green-faced Timekeepers, dove il tastierista ci regala un altro bel momento ai sintetizzatori. Tales from the Dreaming City è l’ennesimo viaggio dove immaginazione e concretezza si incontrano, dove le innovazioni chitarristiche sposano la causa di un prog non convenzionale, in cui Wingfield si muove con destrezza e piglio da fuoriclasse, conscio delle tante possibilità espressive del suo strumento, su cui lavora con dedizione da anni. Ovviamente il trademark fusion emerge e si rinnova di pulsioni esterne, manifesto della sua poliedricità (tanto da essere apprezzato anche da Alex Skolnick dei Testament) e della sua voglia di allargare sempre di più orizzonti e confini. (Luigi Cattaneo)

The fifth window (Video)



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