giovedì 23 maggio 2019

TWENTY FOUR HOURS, Close – Lamb – White – Walls (2018)


Da sempre inclini a unire più generi musicali, in un connubio affascinante tra psichedelia, progressive e pulsioni wave, i Twenty Four Hours, attivi dal lontanissimo 1982 (allora si chiamavano Onyx Marker), ancora ora, dopo quasi 40 anni, non smettono di sperimentare e di rischiare. Questa volta pensando in grande, con un doppio piuttosto ambizioso, Close – Lamb – White – Walls, che ovviamente richiama, anche nel sound, Joy Division, Genesis, Beatles e Pink Floyd, mostrando un eclettismo di fondo consistente e la voglia, nemmeno tanto velata, di essere una realtà molteplice nella forma e mutevole nell’anima. I pugliesi formati da Paolo Lippe (voce, tastiere, basso e chitarra), Antonio Paparelli (chitarra), Marco Lippe (batteria, anche della cult band Nirnaeth), Paolo Sorcinelli (basso) ed Elena Lippe (voce, già conosciuta per l’ottimo lavoro con i Feronia), firmano un sesto album che vede la partecipazione di personaggi come Blaine L. Reininger dei Tuxedomoon, che con voce e violino marca in maniera straordinaria l’ambient suggestivo di Intertwined o Andrea Valfrè, delicato con il suo hammond in Urban Sinkhole e Supper’s Rotten (una suite chiaramente genesisiana). C’è anche un altro membro dei Tuxedomoon presente, Steven Brown, che con il suo sax caratterizza, in coppia con Elena, All the world needs is love, piccola gemma di oltre sette minuti. Non mancano affondi più duri e The Tale of Holy Frog (con un altra grande prova di Elena) insieme a 77 sono lì a dimostrarlo, mescolando in maniera saggia e pertinente le varie carte a disposizione. Gran bel ritorno per il quintetto, che con Close – Lamb – White – Walls firma un disco coraggioso e audace senza perdere di credibilità, rischio sempre dietro l’angolo quando si omaggiano artisti del calibro di quelli citati in questo album. (Luigi Cattaneo)

All the world needs is love (Video)



Nessun commento:

Posta un commento