La letteratura inglese
del 700 e dell’800 è la linea guida del nuovo album targato Monjoie, And in thy heart inurn me, uscito nel
2018 sempre per Lizard Records, connubio già visto per il precedente Affetto e Attrazione (recuperatelo!). Lasciata
da parte la lingua italiana, i liguri si abbandonano al fascino di William
Blake, John Keats e William Wordsworth, prendendo in prestito le poesie di
questi immortali autori per creare un’opera che unisce romanticismo e dark folk
cantautorale. Il primo nome che mi è tornato alla memoria all’ascolto del disco
è stato quello di Brendan Perry dei Dead Can Dance e del suo meraviglioso album
solista Eye of the hunter del 1999. Le
15 tracce del lavoro nascono grazie alla collaborazione tra Alessandro Brocchi
(voce) e Daniele Marini (tastierista degli OGM), ai quali si sono aggiunti
componenti storici come Valter Rosa (chitarra e bouzouki), Davide Baglietto
(low whistle, musette, ocarina, piano, organo) e Alessandro Mazzitelli
(tastiere, synth, percussioni e basso), oltre che musicisti attivi in diversi
campi musicali (Fabio Biale al violino, Giampiero Lo Bello al flicorno e alla
tromba, Edmondo Romano al clarinetto, Lorenzo Baglietto al sax, Federico
Fugassa al contrabbasso), tutti perfetti interpreti di un album molto
atmosferico, che in alcuni passaggi ricorda anche il raffinato incanto di If on a winter’s night di Sting,
soprattutto per l’intervento spesso preponderante di strumenti acustici e
un’aurea arcaica di grande carica emotiva. I chiaroscuri malinconici e le
splendide ballate, perfettamente arrangiate e orchestrate, raccontano di storie
lontane, colme di grazia, confermando come i Monjoie siano uno dei gruppi più
sottovalutati dell’intero catalogo Lizard. (Luigi Cattaneo)
Eternity/Auguries of innocence (Video)
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