giovedì 9 maggio 2019

MONJOIE, And in thy heart inurn me (2018)


La letteratura inglese del 700 e dell’800 è la linea guida del nuovo album targato Monjoie, And in thy heart inurn me, uscito nel 2018 sempre per Lizard Records, connubio già visto per il precedente Affetto e Attrazione (recuperatelo!). Lasciata da parte la lingua italiana, i liguri si abbandonano al fascino di William Blake, John Keats e William Wordsworth, prendendo in prestito le poesie di questi immortali autori per creare un’opera che unisce romanticismo e dark folk cantautorale. Il primo nome che mi è tornato alla memoria all’ascolto del disco è stato quello di Brendan Perry dei Dead Can Dance e del suo meraviglioso album solista Eye of the hunter del 1999. Le 15 tracce del lavoro nascono grazie alla collaborazione tra Alessandro Brocchi (voce) e Daniele Marini (tastierista degli OGM), ai quali si sono aggiunti componenti storici come Valter Rosa (chitarra e bouzouki), Davide Baglietto (low whistle, musette, ocarina, piano, organo) e Alessandro Mazzitelli (tastiere, synth, percussioni e basso), oltre che musicisti attivi in diversi campi musicali (Fabio Biale al violino, Giampiero Lo Bello al flicorno e alla tromba, Edmondo Romano al clarinetto, Lorenzo Baglietto al sax, Federico Fugassa al contrabbasso), tutti perfetti interpreti di un album molto atmosferico, che in alcuni passaggi ricorda anche il raffinato incanto di If on a winter’s night di Sting, soprattutto per l’intervento spesso preponderante di strumenti acustici e un’aurea arcaica di grande carica emotiva. I chiaroscuri malinconici e le splendide ballate, perfettamente arrangiate e orchestrate, raccontano di storie lontane, colme di grazia, confermando come i Monjoie siano uno dei gruppi più sottovalutati dell’intero catalogo Lizard. (Luigi Cattaneo)

Eternity/Auguries of innocence (Video)



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